CATANIA – “Ma per piacere. Un premio? Avrei preferito restare a fare il sindaco di Catania, della mia città”. Salvo Pogliese sbuffa quando gli si chiede di rispondere all’accusa, che va per la maggiore tra le opposizioni, di essere stato premiato – per la sospensione da primo cittadino e la condanna in primo grado per peculato – con una candidatura al Senato. Il terzo posto nella lista plurinominale di Fratelli d’Italia per Palazzo Madama, in Sicilia orientale, non era esattamente una vittoria certa: affinché Pogliese centrasse l’elezione dovevano verificarsi una serie di circostanze che, quasi tutte, si sono verificate.
Prima tra tutte: il capolista Nello Musumeci doveva vincere la sfida all’uninominale, e l’ha vinta. Dopo di lui, e prima di Pogliese, c’era Carmela Bucalo. Ed eccola qui la seconda condizione: che Bucalo, originaria di Barcellona Pozzo di Gotto, vincesse la sua battaglia all’uninominale di Messina. Questo, però, non si è verificato, poiché Dafne Musolino, candidata di Cateno De Luca, su quel terreno ha stravinto. Bucalo, però, era anche capolista al plurinominale in Sicilia occidentale. Collegio in cui Fratelli d’Italia ha ottenuto lievemente meno voti che in Sicilia orientale. E la norma parla chiaro: “Il candidato eletto in più collegi plurinominali è proclamato eletto nel collegio nel quale la lista cui appartiene abbia ottenuto la minore percentuale di voti validi“. Così Bucalo, vincitrice sia a est sia a ovest, è eletta a Palermo. E a Catania la lista scorre ancora, fino ad arrivare al posto numero tre: Pogliese, appunto.
Ex deputato regionale, ex deputato europeo, ex sindaco e, adesso, senatore della Repubblica. “Per tutto il tempo c’è stata la classica fibrillazione del candidato – dice Pogliese – Ma sin dai primi numeri si intuiva che le cose stessero andando nella direzione sperata. Poi, per me era strano: era la prima volta che mi misuravo in un’elezione senza le preferenze, in una lista bloccata. Io sono stato sempre eletto e mai nominato, ma queste sono le regole di questo gioco e con queste abbiamo giocato. Però ci tengo a dirlo: per quanto mi riguarda questa legge elettorale è una vergogna e va cambiata”.
Secondo Pogliese, il fattore Cateno De Luca ha influito e non poco sui risultati di Fratelli d’Italia: “Più in Sicilia orientale che in Sicilia occidentale”, afferma. L’ex sindaco di Messina avrebbe drenato voti anche ai meloniani, rendendo meno brillante una vittoria che, già così, dà da parlare. Nonostante gli scandali giudiziari che, proprio alla vigilia del voto, hanno rischiato di offuscare il risultato dei numeri. Il riferimento è all’arresto dell’ex assessora comunale alla Cultura Barbara Mirabella, accusata di corruzione dalla procura di Catania per una vicenda legata all’organizzazione del convegno della Società italiana di chirurgia, all’epoca presieduta da un altro indagato eccellente: l’ex rettore dell’università etnea Francesco Basile. “Barbara è una persona perbene – afferma Salvo Pogliese – Questa vicenda mi addolora non tanto dal punto di vista politico, ma dal punto di vista personale. Barbara è una figlia della nostra terra che ha fatto con entusiasmo ogni cosa che ha fatto e che ha servito con impegno il Comune di Catania. Sono sicuro che dimostrerà nelle sedi opportune la linearità dei suoi comportamenti“.
Una cosa, però, la vuole sottolineare: “Abbiamo approvato tre regolamenti, sul turismo congressuale, sportivo e scolastico, che in tanti Comuni d’Italia ci vogliono copiare. E lo abbiamo fatto nel 2019. Le date non potrebbero essere più importanti“, afferma ancora. L’amarezza è quella dell’ex sindaco che, prima di dimettersi, ha vissuto gli anni più orribili dentro a Palazzo degli elefanti. Il sogno tanto rincorso, la scelta d’amore di lasciare il parlamento europeo per il municipio, si è trasformato in un incubo senza fine: il dissesto, il fallimento del Calcio Catania, l’arresto di suo padre, la condanna per le spese pazze all’Ars, la pandemia da Covid-19, il caro bollette dovuto alla guerra in Ucraina. Infine, il goffo tempismo delle dimissioni: proprio quando scadevano i termini per presentare la candidatura per le Politiche 2022.
“Avrei preferito continuare a fare il sindaco della mia città – ribadisce – Ma sarei dovuto rimanere sospeso, per via di una legge surreale, fino a marzo 2023. Ho aspettato che fossero conclusi alcuni adempimenti delicati di carattere amministrativo, ma già a giugno 2022 avevo telefonato a Giorgia Meloni e le avevo comunicato l’intenzione di dimettermi. La candidatura al Senato è stata successiva”. Non un modo per allontanarsi dalla sua città ma, anzi, un modo per continuare a lavorare per Catania da Roma: “Quando abbiamo dovuto salvare Catania dal baratro che si prospettava con il dissesto, abbiamo chiesto aiuto a persone a cui sarò sempre grato: il senatore Stefano Candiani della Lega, la viceministra Laura Castelli del Movimento 5 stelle. Adesso, se la nostra città avrà bisogno, non avremo bisogno di rivolgerci altrove. La mia devozione alla città non cambia”. Tornerebbe a fare il sindaco? “È una risposta che merita attente valutazioni, e naturalmente non dipende solo da me”.