Palermo, l'architetto denuncia ma l'accusa di estorsione non regge

Palermo, l’architetto denuncia ma l’accusa di estorsione non regge

Scarcerato un imprenditore accusato di avere fatto da mediatore del pizzo

PALERMO – Sergio Giannusa, considerato il braccio destro del boss Salvo Genova resta in carcere, ma cade un episodio di tentata estorsione. Circostanza che porta alla scarcerazione dell’imprenditore Giuseppe Di Maria. Lo ha deciso il tribunale del Riesame.

L’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare è parziale per Giannusa (assistito dagli avvocati Vincenzo Giambruno e Giovanni La Bua) e totale per Di Maria (difeso dagli avvocati Marco Clementi e Giovanni Rizzuti) visto che ha solo questa contestazione. Non ha retto al vaglio del Riesame la ricostruzione della Procura che si basa soprattutto sulla denuncia di un architetto e titolare di una impresa edile. Ha raccontato di avere ricevuto minacce mentre costruiva alcune ville in via Castelforte, a Palermo. Si era rivolto all’impresa di Di Maria per gli scavi ed erano sorti dei contrasti sui pagamenti. “Cornuto e sbirro, non ti prendo a legnate perché poi mi vai a denunziare”, gli avrebbe detto Di Maria. In un’altra occasione lo aveva “guardato con aria di sfida”.

Di Maria, nipote del boss dell’Acquasanta Vincenzo Graziano, per risolvere la questione si sarebbe rivolto al capomafia di Resuttana, Salvo Genova che si presentò in cantiere. Non si conosce ancora la motivazione del provvedimento del Riesame che nelle prossime ore si pronuncerà sulla posizione di Genova.


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