PALERMO – “Ho il cuore graffiato, mi creda. Ogni parola che pronuncio è pesantissima, come un macigno, e mi sento violata, violentata”.
Nuccia Albano, assessore regionale alla Famiglia, dice di essere ancora scossa. La rivelazione di ‘Report’ circa suo padre Domenico, capomafia di Borgetto, e la successiva polemica politica hanno lasciato il segno. Le domande poste dall’inviata della trasmissione, a margine di un evento pubblico, su quella parentela, avevano provocato l’immediata reazione della deputata regionale ed esponente della Dc di Cuffaro nella giunta Schifani: “Non posso rinnegare mio padre. Ero soltanto una bambina, di questi fatti ne sono venuta a conoscenza da grande”.
Assessore Albano, le opposizioni chiedono le sue dimissioni. Lei sta pensando di dimettersi?
“No, non è questo il mio orientamento. La mia vita è improntata alla legalità, alla giustizia, non ho nulla da rimproverarmi”.
Racconti, dunque, la sua vita.
“Ho lavorato, come medico legale, fianco a fianco con la Procura, in anni difficilissimi. Ho avuto per le mani casi delicatissimi, quando una perizia faceva la differenza, al tempo del maxi-processo. Ho avuto pure a che fare con la Cupola, faccia a faccia”.
Un percorso opposto a quello di suo padre.
“Ho compiuto le mie scelte, con piena consapevolezza, forse anche per affrancarmi da un passato che, però, per me, è sempre stato confuso e nebuloso. E vorrei precisare una cosa”.
Cosa?
“Mio padre non ha mai avuto una condanna in via definitiva. Negli anni di Salvatore Giuliano è stato assolto e poi è morto mentre era in attesa dell’appello. Non intendo né minimizzare, né sfuggire. Riferisco le circostanze”.
Ma, invece, perché lei non ha riferito simili particolari all’esordio del suo impegno politico? Perché non l’ha mai detto?
“Perché questa vicenda mi dava e mi dà molto dolore, mi faceva e mi fa soffrire troppo approfondirla. E’ stato uno sbaglio? Non lo so, è andata così”.
Lei quando ha conosciuto suo padre?
“Quando avevo cinque anni. Prima era in carcere e c’era anche il confino. Mamma cercava di proteggere noi fratelli. A nove anni sono entrata in collegio”.
Quanti anni aveva quando lui è morto?
“Avevo quattordici anni, ma non l’ho saputo subito, ero impegnata negli esami di ginnasio. L’ho appreso nei primi giorni di luglio, tornando a casa e trovando tutti vestiti di nero. Siamo quasi scappati da Borgetto, dopo la morte di papà. Sentivamo il bisogno di rompere con il passato”.
Ha sentito il presidente Schifani?
“Mi ha telefonato, mi ha confortato. Se il presidente mi vuole rimuovere, è sua facoltà farlo. Non sono un politico di carriera. Anzi, per l’impegno politico sto trascurando la mia famiglia, sono mamma e sono nonna, ho settantatré anni”.
Perché questa storia salta fuori adesso?
“Non lo so. Su un punto vorrei essere esplicita: le mie scelte sono nitide. Ma io non rinnego affettivamente il mio papà e l’amore che ho per lui. Non si può. Nonostante tutto, ho ricordi bellissimi, seppure pochi”.
Lei ha eseguito l’autopsia sul corpo di Giovanni Falcone.
“E ho pianto, perché conoscevo lui e sua moglie. Tanti magistrati mi hanno telefonato per confortarmi. Una vita spesa per la giustizia, la mia vita, non si può buttare via così”.