PALERMO – L’operazione dello scorso giugno era stata denominata “Villaggio di famiglia”. Ventisei persone arrestate nel rione Villaggio Santa Rosalia, mandamento mafioso di Pagliarelli. Ora viene scritto il secondo capitolo con il sequestro di imprese, attività commerciali e immobili per un valore di sei milioni di euro (qui l’elenco) a otto indagati che avrebbero fatto parte della famiglia mafiosa. Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari Claudio Bencivinni su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.
“Soldi sporchi ripuliti con il cibo”
I finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria, agli ordini del colonnello Gianluca Angelini, hanno riscontrato una sperequazione fra i redditi leciti e i soldi investiti nell’ultimo decennio. Da qui l’ipotesi, accolta dal Gip, che il denaro per gli investimenti sia sporco. Oltre all’ipotesi di associazione mafiosa sono state contestate anche quelle di traffico di sostanze stupefacenti e trasferimento fraudolento di valori aggravato dalla finalità mafiosa.
L’uomo forte al Villaggio Santa Rosalia era Salvatore Sorrentino. Lo “studentino”, così è soprannominato, si dava un gran da fare anche dal carcere dove ha trascorso una buona fetta dei suoi 57 anni. Il potere mafioso veniva esercitato anche attraverso il controllo della vendita dei fiori davanti ai cimiteri e del pane nelle bancarelle abusive degli ambulanti. Tra i beni sequestrati ci sono due panifici e altrettanti negozi di frutta e verdura. I soldi della mafia sarebbero stati ripuliti con il cibo che finisce sulle nostre tavole.
“Controllo mafioso”
I boss decidevano ogni cosa. Quali attività commerciali potessero aprire, chi dovesse eseguire i lavori di ristrutturazione e quali commercianti cambiare aria perché la loro concorrenza non era gradita. Ed ancora incassavano una percentuale sulle transazioni immobiliari e avevano creato un monopolio nel settore edile e del movimento terra (un settore in cui spadroneggiavano le imprese di Giovanni Cancemi che dava le direttive dal carcere nascondendo con dei soprannomi l’identità dei suoi uomini. E poi c’era il sostegno economico alle nuove attività. Una sorta di banca mafiosa con prestiti senza interessi qualora a chiederli fossero soggetti in difficoltà economica. Ventidue persone sono finite sotto processo. L’elenco si apre con Salvatore Sorrentino e il figlio Vincenzo.
Sotto sequestro finiscono ora tredici immobili (9 abitazioni, 3 magazzini e un terreno), sette attività economiche, con sede a Palermo (commercio di veicoli, movimento terra, trasporto merci, preparazione cantieri edile, minimercati, panifici, ristorazione, commercio di frutta e verdura; sei veicoli). L’obiettivo della finanza, si legge in una nota del Comando provinciale guidato dal generale Domenico Napolitano, è “liberare l’economia legale dalle infiltrazioni della criminalità, a tutela dei cittadini e per consentire agli imprenditori onesti di operare in regime di leale concorrenza”.