“La campagna? Può attendere”. Quella di Ramacca, si intende, battuta dai suoi cirnechi e dai suoi cavalli. L’altra campagna invece no. Quella non può attendere. La campagna elettorale di Raffaele Lombardo deve partire subito. Oggi. Perché l’ex governatore ha deciso: “Torno
in campo. Mi candido al Senato”. Sarà il capolista dell’Mpa.
Ma non doveva ritirarsi dalla vita politica? Non doveva iniziare, stando alle sue parole, la terza fase della sua vita, dopo quella degli studi e quella dell’impegno pubblico?
“In effetti è così. Fino a pochi giorni fa non avrei pensato affatto alla candidatura. Le ammetto di essere ancora un po’ turbato”.
Come mai ha cambiato idea? Chi l’ha convinta?
“Mi hanno convinto i miei amici di sempre. Erano sicuri che l’unico modo per difendere la nostra idea autonomista e dare così a questa idea anche una rappresentanza in parlamento, fosse la mia candidatura”.
Ma da cosa andava difesa questa idea autonomista? Quali erano i pericoli?
“I pericoli sono tanti. Dai rapaci che volteggiano sulle condizioni critiche della Sicilia e sul nostro progetto, a un sistema elettorale che rischiava di emarginarci, ai tanti casi di trasformismo all’Ars”.
A dire il vero, l’accusa di “trasformismo” è stata rivolta proprio a lei dall’attuale governatore e suo successore, Rosario Crocetta.
“L’attuale presidente della Regione non sa di cosa parla. Il progetto autonomista non ha steccati. Non è legato alle vecchie idee di destra e sinistra. Ma Crocetta usa il linguaggio classico dell’uomo schierato. E in effetti lo è”.
Eppure avete rischiato di correre nella stessa coalizione, in queste elezioni politiche.
“Proprio così. E il presidente Crocetta sa benissimo che avevo coltivato l’idea di un’alleanza col centrosinistra”.
Poi cosa è successo?
“E’ successo che la sinistra ha deciso di impedire in maniera cinica questo progetto e il raggiungimento di questo obiettivo”.
Chiariamo: lei stava chiudendo l’accordo col Centro democratico di Tabacci. Poi, alcune voci, come quelle dell’ex Idv Donadi hanno posto un veto all’alleanza col suo partito.
“E’ successo proprio questo. Con un piccolo particolare. Le proteste di Donadi non sono del tutto ‘farina del suo sacco’. Hanno infatti un’origine tutta siciliana. La mano di Donadi è stata armata da un siciliano, che aveva l’intenzione di farci scomparire”.
Ci può dire a chi si riferisce?
“No. Ma tra un po’ di tempo credo che sarà chiarissimo”.
Insomma, salta l’accordo col centrosinistra. E lei viene corteggiato dal centrodestra. Non ha incontrato alcuna remora, alcuna difficoltà? I rapporti col Pdl, per esempio, sono stati pessimi negli ultimi anni.
“Guardi, lì ci siamo trovati di fronte a un bivio: scomparire o proseguire il nostro progetto autonomista. Il centrodestra ci ha offerto questa possibilità: quella di lavorare all’idea che ha in qualche modo ispirato la candidatura di Gianfranco Micciché alle ultime Regionali”.
Già, ma alle Regionali siete andati da soli. Così come era avvenuto, in fondo, alle Comunali di Palermo. Cosa è cambiato in questa occasione? Come mai stavolta è stato possibile trovare un’intesa?
“Il punto di partenza è uno: questa è stata una scelta fondata anche dalla necessità. Dovuta anche alla nostra legge elettorale. Se avessimo avuto, già adesso, un consenso tale da assicurarci l’ingresso in Parlamento, forse saremmo andati da soli, come fa la Lega. Ma non potevamo scomparire, come le dicevo”.
Insomma, il centrodestra vi ha assicurato la “sopravvivenza”, quella della vostra idea “meridionalista”.
“Esatto. E devo dire che ho trovato in Silvio Berlusconi una
disponibilità, direi, inaspettata”.
È stato Berlusconi a convincerla? Il dialogo era diretto con lui?
“Certamente, il suo ruolo è stato importante. Ma ho dialogato anche con gli altri dirigenti del Pdl, ovviamente”.
Quando è iniziato, chiamiamolo così, il “corteggiamento” del Cavaliere?
“In maniera concreta una settimana fa. Sabato scorso, per l’esattezza”.
Insomma, lei sta dicendo che fino sette giorni fa non aveva nessuna intenzione di candidarsi?
“Mi creda, la persona più scombussolata sono proprio io. Avevo un programma di vita del tutto diverso. Se si fosse chiuso l’accordo col centrosinistra non ci sarebbe stato bisogno della mia candidatura diretta”.
Ne parla quasi come fosse un sacrificio…
“No, per carità. Ho parlato di necessità. E comunque, dopo tanti anni di politica, questa vicenda mi ha insegnato una cosa. O meglio, me l’ha chiarita una volta per tutte…”.
Che cosa?
“Mai tentare un’alleanza con la sinistra. Si rischia la pelle”.
Lei è coraggiosissimo allora, visto che alla Regione ha convissuto col centrosinistra per più di un anno e mezzo…
“E’ vero. Ma è anche vero che in quel momento io ero il presidente della Regione. Questo vuol dire che ero io a tenere il coltello dalla parte del manico. Ma con la sinistra, appena posi quel coltello, è meglio che inizi a correre, più velocemente possibile. Perché cercherà di farti a pezzi”.
Da alleati ad avversari, quelli del Pd. Per non parlare dei tanti che hanno abbandonato il suo progetto autonomista, e che si trovano schierati, adesso lo possiamo dire, dalla parte opposta alla sua. Penso a Leanza, Pistorio, D’Agostino…
“Mi creda, non mi interessa più di tanto. Io ho solo compiuto una scelta legata alla necessità di sopravvivenza di un gruppo umano e di un’esperienza politica finora ingrata e difficile”.
Questo nuovo assetto potrebbe tradursi anche in un rimescolamento all’Ars? È possibile pensare a un riavvicinamento, insomma, tra il Partito dei siciliani (e Grande Sud) e il resto del centrodestra?
“Credo che una decisione del genere vada presa all’interno del gruppo parlamentare. Ma posso dire che è nelle cose. Che è una strada percorribile, certamente”.
Insomma, anche suo figlio Toti potrebbe avvicinarsi al centrodestra. Lei sa bene che tra le critiche che le pioveranno addosso, ci sarà anche quella di aver aiutato suo figlio a diventare deputato regionale, promettendo di fare un passo indietro, per poi riproporsi in prima persona.
“Posso solo dire che la scelta di sostenere la candidatura di mio figlio è la prova più tangibile del fatto che io non avessi alcuna volontà di candidarmi”.
Qualcun altro le ricorderà invece le sue frasi riguardanti il procedimento giudiziario a suo carico: “Lo affronterò da libero cittadino” aveva assicurato.
“Non sono più Presidente della Regione. Lo affronterò, se sarò eletto, come uno degli oltre trecento senatori del Parlamento italiano”.
Se sarà eletto, dice. La legge elettorale dovrebbe metterla al sicuro. Una campagna elettorale molto diversa, questa, da quella che la vide, nel 2008, candidato a Palazzo d’Orleans. Da allora crede di avere guadagnato più amici o più nemici?
“Gli amici, quelli veri, quelli disinteressati, si contano sulle dita di una mano. E il numero di questi rimane sempre lo stesso”.
Insomma, per il momento, la campagna può attendere…
“In questo periodo la campagna, con le gelate e il maltempo, è solo fonte di dispiaceri e perdite”.
Nell’altra campagna, allora, quella elettorale, cercherà soddisfazioni e successi.
“E’ proprio così”.