PALERMO – Resta in Sicilia uno dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro. Niente divieto di dimora per Calogero Guarino a cui la Corte di appello di Palermo aveva imposto di andare via dall’Isola dopo essere stato scarcerato per decorrenza dei termini di fase nonostante la condanna per mafia.
Stavolta non è una questione di calcoli, di carcerazione preventiva e procedura penale, ma di problemi di salute. Calogero Guarino è cieco. Era stato colpito da una gravissima forma di maculopatia durante la detenzione in carcere e gli erano stati concessi gli arresti domiciliari.
La Corte di appello di Palermo dopo la condanna a 8 anni e la scarcerazione aveva applicato a Guarino, così come ad altri otto imputati, il divieto di dimora in Sicilia.
L’avvocato Enrico Tignini ha presentato una nuova istanza allegando la documentazione medica da cui emerge la cecità di Guarino. L’imputato non può andare via dalla Sicilia perché ha bisogno di una speciale assistenza che solo i suoi parenti possono garantirgli.
Da qui la nuova ordinanza che dà il via libera alla permanenza in Sicilia, imponendogli di non allontanarsi da casa dalle 20 fino all’indomani mattina e l’obbligo di presentarsi in caserma quattro volte alla settimana.
Il divieto di dimora resta imposto a Nicola Accardo, Giuseppe Tilotta, Paolo Bongiorno, Vincenzo La Cascia, Raffaele Urso, Andrea Valenti, Filippo Dell’Acqua e Antonino Triolo. Sono stati tutti condannati dalla Corte d’Appello in un processo che tornava dalla Cassazione dopo un annullamento con rinvio per rivalutare l’applicazione di alcune aggravanti. Nel frattempo sono scaduti i termini di fase, cioè il termine massimo entro il quale doveva essere emessa la sentenza.
“Non risulta acquisito alcun elemento tale da far ipotizzare nei confronti degli imputati – si leggeva nel provvedimento del collegio presieduto da Sergio Gulotta – una loro presa di distanza rispetto alla compagine associativa criminale di appartenenza, ovvero una cessazione dei rapporti con essa e dal sottostante senso di appartenenza, sicché va ribadita nella specie la persistenza delle esigenze cautelari, che legittima peraltro l’applicazione di misure restrittive non detentive anche con provvedimento successivo e distinto rispetto a quello di remissione in libertà per decorrenza di termini”.
Ecco perché nonostante la scarcerazione, su richiesta della Procura generale, i giudici imposero agli imputati l’allontanamento dalla Sicilia. Per Guarino, che ha già scontato sei degli otto anni di condanna, c’è ora il dietrofront per motivi di salute.