Palermo, fortino del crack allo Sperone: le condanne

Fratelli, zii, cugini, nipoti: Sperone, condanne pesanti nel fortino del crack

Il punto del rione Sperone dove era stata allestita la piazza dello spaccio
Due gruppi gestivano la piazza

PALERMO – Quando si accorsero della telecamera era già troppo tardi. La polizia aveva registrato il viavai dei clienti del crack allo Sperone. Un anno fa il blitz, ora le pesanti condanne.

Gli imputati e le condanne

Queste le pene inflitte dal giudice per l’udienza preliminare Marta Maria Bossi: Fabio Cordova 18 anni, Emanuele Chiovaro 11 anni e 8 mesi, Daniele Amato 7 anni e 4 mesi, Vincenzo Zora 11 anni e 8 mesi, Domenico Zora 14 anni e 8 mesi, Antonino Malleo 12 anni e 8 mesi, Santo Cordova 19 anni e 8 mesi, Samuele Imparato 15 anni, Girolamo Fazio e Andrea Di Salvo 13 anni e 4 mesi ciascuno, Stefano Cordova 9 anni e 4 mesi, Domenico Schillaci 12 anni e 8 mesi, Vincenzo Sangiorgi 13 anni, Fabio Mostacciolo 8 anni e 4 mesi, Salvatore Zora (classe ’99) 11 anni e 4 mesi, Salvatore Zora (classe ’81) 4 anni, Giovanni Cricchio 2 anni e 8 mesi (difeso dall’avvocato Riccardo Bellotta ha avuto la pena più bassa perché è caduta l’accusa di avere fatto parte dell’associazione a delinquere).

La piazza del crack allo Sperone

La piazza dello spaccio era stata allestita tra le vie Mariano Campo, Sperone e Pecori Giraldi. Gli investigatori del commissariato Brancaccio, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, piazzarono la telecamera dentro una macchina parcheggiata nella zona dei garage e hanno registrato centinaia di cessioni di crack.

Le indagini avrebbero fatto emergere l’egemonia di due gruppi familiari: i Cordova e i Chiovaro. Fratelli, zii, cugini, nipoti e generi: le parentele si intrecciano. C’era una gran lavoro nella piazza in un punto che tutti chiamano “ai cancelli”.

Alta tensione

Ci fu un momento di alta tensione quando le vedette si accorsero della presenza delle forze dell’ordine. Emanuele Chiovaro avrebbe messo in giro la voce che un cugino avesse fatto la spia e scattò la ritorsione. Fu picchiato. Si presentò al pronto soccorso con fratture e traumi. Raccontò che alcuni sconosciuti lo avevano aggredito.

Ed invece allo Sperone sapevano di chi era la colpa. Così emergerebbe dalle intercettazioni che hanno registrato frasi del tipo: “… tutti e tre a lasciarlo morto…”; “… mio fratello è stato sminchiato”; “… uno dei tre deve essere malmenato”; “… tuo fratello c’è salito con la moto di sopra… ha tutta la gamba insanguinata e gli ha detto pure ti sparo in bocca”.


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