PALERMO – È lungo l’asse Palermo-Napoli che si snodano i nuovi, grandi, traffici di droga sotto l’egida di Cosa nostra. L’ultimo segnale è l’arresto, avvenuto ieri, di Gennaro Pollastro, 49 anni, corriere di Giugliano, nel Napoletano. Una città da tenere a mente. Trasportava cento chili di hashish nascosti in mezzo alla legna. Roba da ricavarci oltre un milione di euro. I carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale lo hanno bloccato nei pressi del bivio per Castelbuono.
C’è un particolare che non è sfuggito agli investigatori. La droga era destinata al mercato di Palermo. Abitualmente è chi compra a doversi accollare i rischi per il trasporto. Stavolta gli acquirenti erano palermitani, ma il corriere campano. Perché? Gli investigatori hanno una risposta precisa: sono i grossisti napoletani, oggi, a dovere mettere nel conto il “rischio d’impresa” per l’eventuale mancata consegna della merce causata dall’intervento della forze dell’ordine. I sequestri rappresentano un danno enorme per le casse asfittiche dei clan mafiosi di Palermo. C’è crisi di liquidità in città. E da questo dipende il rinnovato interesse per la droga. Già nel novembre scorso i boss palermitani si erano dovuti leccare le ferite quando, sempre i carabinieri, arrestarono Giacinto Tutino, bagherese di 56 anni. Fu bloccato in autostrada, mentre era alla guida di un camion per il trasporto di cavalli. In mezzo allo sterco c’erano 2500 panetti di hashish. Peso complessivo: 250 chili. Valore al dettaglio: due milioni di euro.
Per evitare nuovi guai le cosche palermitane preferiscono pagare l’hashish ad un prezzo maggiorato ai grossisti napoletani che, in cambio, si accollano il rischio sequestro. D’altra parte la camorra non ha alcuna intenzione di rompere l’asse con la mafia palermitana che tanti guadagni sta fruttando. Le informative degli investigatori sono zeppe di viaggi da Palermo a Napoli – e viceversa – per organizzare traffici di hashish e cocaina. Negli ultimi mesi, ad esempio, è stato scoperto un patto di ferro tra il mandamento di Porta Nuova e alcuni grossi trafficanti partenopei. Un canale per importare direttamente, senza intermediari, gli stupefacenti dalla Campania in Sicilia.
Non è un caso, dicono gli inquirenti, che a Palermo si sia fatto vivo nei mesi scorsi, sembrerebbe ospite di Alessandro D’Ambrogio (che di Porta Nuova è considerato il capo mandamento), Salvatore Aprea, noto pregiudicato napoletano. Lo hanno fotografato a bordo piscina in lussuosi alberghi del capoluogo siciliano.
Con Salvatore Aprea, e il gemello Gennaro, ha avuto rapporti costanti anche Giacomo Pampillonia, arrestato nel blitz di Porta Nuova assieme a D’Ambrogio. Pampillonia è stato intercettato più volte in trasferta a Napoli dove il clan dominate nei rioni del centro di Palermo avrebbe potuto contare sull’appoggio di alcuni pregiudicati. Tra questi, Franco Comune, Ciro Napolitano e Francesco Bara. Tutta gente attiva nel mondo della droga spacciata nei quartieri di Miano, Secondigliano e Scampia. Bara, considerato un boss del rione Sanità, è stato assassinato il 30 dicembre del 2012. Agli amici napoletani giunse, puntuale, il cordoglio di D’Ambrogio.
Tra gli arrestati del blitz di Porta Nuova del luglio scorso c’era anche Vincenzo Ferro che i carabinieri hanno monitorato durante i suoi frequenti viaggi a Giugliano. Giugliano, la stessa città da dove era partito il corriere arrestato ieri dai carabinieri con un camion pieno di droga lungo l’autostrada Messina-Palermo. Non è un caso, dicono gli investigatori.
Ferro, D’Ambrogio e presunti soci sono tutti in cella. Eppure i traffici non si sono fermati come dimostra il recentissimo sequestro. C’è qualcuno, dunque, ancora in libertà, che ha raccolto il testimone per garantire la sopravvivenza dell’asse Palermo-Napoli, lungo il quale corrono fiumi di cocaina e hashish.