PALERMO – Qualcuno, a Sala d’Ercole, ci ha anche scherzato su. Chiamandolo “emendamento anti-Livesicilia”. Si tratta di una piccola norma, che sposa l’ossessione nei confronti dei “bloc anonimi” che tanto infastidiscono il potere. Che danno fastidio a chi detiene quel potere, e ha l’obbligo di rendere conto del proprio operato.
Con l’approvazione della legge sull’editoria, che tanti deputati hanno descritto come una norma al servizio “della libertà”, ecco passare anche la norma che, di fatto, vieta la pubblicazione di post e commenti su Internet da persone non rintracciabili. O meglio, stando alla “lettera” della norma, se qualche commentatore decidesse di non volere rendere noto il proprio nome (e i motivi possono essere davvero tanti, dalla paura nei confronti di un superiore, o magari proprio nei confronti di chi ‘detiene il potere’, all’imbarazzo nel rendere note vicende personali delicate) dovrà prima consegnare alla redazione la propria “carta di identità”. Se il giornale che ospiterà quel commento non si atterrà alla procedura di “schedatura” dovrà rinunciare ai contributi previsti dalla legge.
È questo il contenuto della lettera “e” del comma 2 dell’articolo 4 della legge sull’editoria. Che tanto piacerà, ad esempio, al presidente della Regione Rosario Crocetta, che aveva a più riprese lamentato il fastidio proprio per quelle opinioni espresse dai lettori. Quelle idee che non combaciavano con la sua visione della realtà e quella della sua giunta. E l’auspicio del governatore ha trovato una sponda in molti deputati dell’Ars. Due, in particolare, hanno messo la firma e la faccia sugli emendamenti da cui è sorta la regola. Deputati che – ironia della sorte – per anni hanno militato prima nella “casa”, poi addirittura nel “popolo” della Libertà. Una casa e un “popolo” evidentemente visti in maniera un po’ “esclusiva” da Francesco Cascio e Michele Cimino, folgorato, quest’ultimo, nel frattempo, sulla via della rivoluzione crocettiana. E sulla strada delle “larghe intese” l’ex presidente dell’Ars.
Così, ecco che la norma “libertaria” dell’Ars prova a mettere il bavaglio ai lettori. “Una follia – dichiarava pochi giorni fa il capogruppo del Movimento cinque stelle Giancarlo Cancelleri – nel 2013 è incredibile leggere una cosa del genere. Una norma che dimostra anche – aggiungeva – la scarsa conoscenza, da parte dei deputati che hanno votato quella norma, del mondo del web. Nessun commento è mai anonimo, ma è sempre rintracciabile attraverso l’indirizzo del computer da cui è partito il commento”. E in effetti è così. Chi si sente “danneggiato” da un commento, può rivolgersi alla polizia postale, che rintraccerebbe con facilità l’indirizzo “Ip” (perdonate il tecnicismo) del computer da cui è partito il commento.
Ma agli stessi politici che per anni hanno nascosto la vera entità delle proprie indennità, i nomi e i compensi dei loro numerosissimi e costosi consulenti, o magari i rapporti di parentela con questo o quel dirigente, e che Livesicilia ha dovuto “inseguire” per farsi consegnare i nomi dei propri “esperti esterni” – pagati con i soldi pubblici – quei commenti non piacciono. Essere giudicati non piace. E così, se qualche giornale decide di garantire la libertà del proprio lettore, dovrà rinunciare ai contributi previsti dalla norma “sulla libertà per la stampa”.
I contributi, già. Quali contributi? Perché la norma sull’editoria che ha sollevato entusiasmi diffusi somiglia tanto a un bluff. Il testo, infatti, prevede una copertura finanziaria, per il 2013 di duecento mila euro l’anno per le voci riguardanti il sostegno agli investimenti, la riduzione delle “passività onerose” e la comunicazione istituzionale. Ma dal 2014, si legge nella norma, “gli interventi possono essere attivati, in quanto compatibili, a valere sulle risorse relative del programma comunitario relativo al Fesr 2014/20120”. I 15 milioni di euro previsti per gli investimenti dal 2014 in poi, insomma, sono ancora “sulla carta”. Anzi, nemmeno lì.
In effetti, quelle somme ancora non esistono. Vanno discusse, concertate con l’Europa, programmate, messe a bando, monitorate, controllate e rendicontate. Quello stanziamento, quindi, è poco più che un “atto di indirizzo”. Come dire: dal 2014 la Regione potrebbe utilizzare quei fondi per queste finalità. Ma non è tutto. “L’applicazione delle disposizioni della presente legge concernenti aiuti alle imprese è subordinata al rispetto della normativa dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato e, per gli interventi non attuati secondo la disciplina degli aiuti ‘de minimis’ o sugli aiuti in regime di esenzione. Alla definizione della procedura prevista dall’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”. L’Europa, quindi, dovrà anche accettare il fatto che quei finanziamenti non rappresentino impropri aiuti alle imprese. C’è lavoro, quindi, per il Commissario dello Stato, che sta già verificando la legittimità costituzionale della legge. E se qualche lettore, alla fine di questo pezzo, volesse commentare, ad esempio, che quella legge “è discutibile” o che si tratta solo di un plateale “bluff”, stando all’emendamento “anti Livesicilia”, dovrebbe essere accuratamente registrato. A chi comanda, anche quando parla di rivoluzione o di libertà, infatti, non piace essere giudicato.
Foto in apertura (fonte Greenme)