PALERMO – Un tesoro da dodici milioni e mezzo di dollari in un paradiso fiscale, depositato in un conto corrente. Eccolo il gruzzolo che Massimo Ciancimino offre alla Procura di Palermo come contropartita per una vita più serena. Il figlio dell’ex sindaco si dice “stanco di esse messo sempre in discussione”. Preoccupato “per il coinvolgimento dei miei familiari. Mia moglie, mio figlio, i miei suoceri”.
I soldi, di cui Ciancimino ha traccia fino all’agosto 2013, sono depositati in un conto intestato ad una società e nel quale sono confluiti gli utili di alcuni affari del padre, ma anche i proventi della vendita di alcuni immobili. Il conto è attivo dagli anni Ottanta, per cui, per conoscere la cifra esatta del deposito, bisognerà fare una rivalutazione da miliardi di lire in dollari, e poi in euro. I paradisi fiscali offrono tassi di interesse piuttosto vantaggiosi. Ciancimino jr, però, si dice certo che si tratta di un patrimonio lecito, ma vuole che sia la Procura a valutarlo. Il figlio di don Vito ne ha parlato con il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e il sostituto Dario Scaletta, che da anni danno la caccia al tesoro accumulato dall’ex sindaco.
La mossa a sorpresa è arrivata durante un’udienza del processo Stato-mafia. “Sono pronto a mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria di Palermo 12 milioni depositati su un conto estero appartenenti a mia madre”. Oggi quel momento è arrivato: Massimo Ciancimino, accompagnato dai legali Francesca Russo e Roberto D’Agostino, è rimasto in Procura per un’ora e mezzo: “Lo faccio – aveva detto il figlio del sindaco del Sacco di Palermo, che oggi invece ha preferito non rilasciare dichiarazioni – per interrompere tutte le speculazioni (comprese quelle di Riina dal carcere) fatte per delegittimarmi. Chi dice che ho collaborato con la Procura di Palermo solo per salvare il mio patrimonio adesso ha la dimostrazione che non è vero”.
Obiettivo, trovare i soldi che Massimo avrebbe ereditato dal padre Vito, ex sindaco mafioso di Palermo. Eppure, per Ciancimino quei soldi non esistono: “I 12 milioni – dice – sono gli unici fondi che ho all’estero. I pm valuteranno se sono provenienti da attività illecita, come pensano molti o sono perfettamente leciti come sostengo io. Sarà la Procura adesso a fare le sue valutazioni. Nel 2008 con questi soldi sarei potuto andare all’estero e godermi la vita, invece ho scelto la strada della collaborazione”.
Una parte del tesoro, negli anni, è stata individuata. Come “S” ha ricostruito nel 2008, la Procura era partita da un pizzino di Nino Giuffré per arrivare a scoprire un giro vorticoso di denaro. Il tesoro di Ciancimino, appunto. O meglio, ad una parte del tesoro. Sessanta milioni, tra contanti, sparsi in banche svizzere e conti correnti spagnoli, società con sedi in Romania e Lussemburgo, una Ferrari Scaglietti, barche, appartamenti a Roma e Palermo. A questi soldi, poi, vanno aggiunti i 75 milioni trovati successivamente tra le pieghe di una società in Romania.
Una parte di quel patrimonio, giusto ieri, è andata all’asta. Un piccolo pezzo, neanche l’1 per cento, ma con una grande valenza simbolica: l’Itama 55, lo yacht preferito di Massimo Ciancimino, è stato battuto all’asta a Catania per 130 mila euro. Come rivela il sito d’inchiesta catanese Sudpress, l’imbarcazione – dapprima valutata 600 mila euro, poi battuta all’incanto con una base d’asta di 390 mila euro – è stata assegnata a un imprenditore campano, il cui profilo dovrà adesso essere valutato dall’Agenzia nazionale per i Beni confiscati.
I 12 milioni che Ciancimino metterà sul piatto oggi, però, secondo il figlio dell’ex sindaco sarebbero puliti. “Si tratta di somme che risalgono a prima dell’entrata in vigore della legge sulle confische dei beni – ha spiegato qualche giorno fa – e che vennero già passate sotto esame da Falcone”. Soldi che potrebbero arrivare anche subito, secondo Ciancimino junior: “Durante l’interrogatorio – ha annunciato – darò indicazioni sul conto e se mi sarà dato il modo farò rientrare io stesso il denaro in Italia evitando rogatorie”. Starà ai magistrati capire se i soldi siano puliti o meno. Se siano tutti o solo una parte. Ma il “tesoro”, dopo anni di misteri, potrebbe essere a portata di mano.