Sono da tempo entrati in una sorta di cono d’ombra. Nessuna iniziativa parlamentare dirompente, appoggi al voto di maggioranza scarsamente motivati, accantonamento nel baule della nonna di impegni significativi, tra i quali la trasformazione di parte dell’indennità parlamentare a contributi, non meglio specificati nell’ammontare e nella forma, alle piccole imprese. Grotteschi tentativi di rilancio di immagine come la cena in una famiglia a caso (?) con il capogruppo del movimento in grembiule e cappellone da cuoco e padellone in mano.
Una premessa. Questo abbozzo di analisi sulla perdita di peso politico del M5S siciliano dopo una incoraggiante effervescenza iniziale non azzera simpatie personali, la stima per l’onestà intellettuale di molti componenti del gruppo, la speranza di un loro rilancio dopo un pur comprensibile periodo di ambientazione. Ma occorre provare a capire il perché di questo rapido inabissamento delle loro idee-guida nel talvolta appena putrido stagno della politica siciliana, dove in tanti sguazzano quasi con compiacimento ed abilità natatorie notevoli (e dal quale di tanto in tanto affiora, per scomparire definitivamente subito dopo, qualche buona intenzione, qualche proposta nuova).
Un passo indietro. Il voto espresso dai siciliani verso i ‘grillini’, che determinò l’elezione di ben quindici deputati su novanta, ebbe varie spiegazioni. Si parlò di una semplice variante dell’astensionismo. Ancora, di una protesta, che sarebbe stata poi ripetuta ed ingigantita nelle elezioni nazionali, contro il governo Monti e le sue politiche. Ovvero di una rinunzia incattivita ad intervenire su scelte e decisioni politiche. Con particolare riferimento alle regioni meridionali, qualcuno pensò che nel consenso accertato al M5S fosse da ritrovarsi una forma di ricatto, una specie di voto di scambio alla rovescia, un avvertimento contro impegni non mantenuti per via di una drastica riduzione di risorse prima attribuibili con criteri clientelari. Addirittura si azzardò l’ipotesi che tale voto fosse una sorta di gigantesca “pernacchia” al sistema politico siciliano, alle sue regole consociative, al suo adeguarsi a strutture di potere parallele accuratamente sommerse.
Vi erano ovviamente anche interpretazioni più nobili. Un ‘feeling’ con un comico conosciuto ed apprezzato (Grillo), che si era trasformato in un imprenditore politico sulla scia di precedenti esperienze in altri paesi (Francia). La costruzione di un movimento che, a partire dal web, si era trasformato politicamente da movimento on line a movimento off line. La raccolta infine e la gestione delle proteste contro i partiti politici e le istituzioni di governo ai diversi livelli, con la creazione di un nuovo soggetto ideologico che proponeva un inedito tipo di rappresentanza nelle istituzioni democratiche.
Di certo pochissimi lessero il programma elettorale per la Sicilia del M5S (si veda M. Centorrino, P. David, Grillonomics, Rubbettino 2013) che accanto ad idee di buon senso conteneva ipotesi bislacche come l’autarchia alimentare e la trasformazione della rete ferroviaria in pista ciclabile.
Torniamo a tempi più recenti. L’ingresso in Assemblea del M5S grazie a geniali iniziative di comunicazione fu come accompagnato da un gioco d’artificio. Taglio ai compensi della casta, disponibilità ad un modello Crocetta che superasse schemi di alleanza precostituiti, primi interventi nelle Commissioni che lasciavano presagire rapidi controlli sulle loro attività. Poi, a poco a poco (scontata l’immancabile defezione di un componente), il silenzio. Rotto dal tradizionale comunicato che giustifica il pagamento di un collaboratore ma macchiato anche da un incomprensibile voto a favore di una legge “vuota” come quella per l’abolizione delle provincie. Distacco rispetto a temi centrali per la gestione del potere in Sicilia: sanità, rifiuti, precari delle varie aree. Di certo, una ricerca meticolosa troverebbe interrogazioni, disegni di legge, sdegnati interventi singoli. Ma non si fa alcuna forzatura nell’identificare una decisa asimmetria fra le motivazioni del consenso ed un’azione parlamentare che ha dato risposta a queste motivazioni.
Con un ulteriore epilogo: la trasformazione in vere e proprie candidature con ricerca di voti in occasione delle elezioni europee al posto dello spontaneismo finora vigente. Nel leggere i nomi dei possibili candidati non si può che sentenziare la trasformazione di un movimento in partito, proprio quel tipo di aggregazione visto dal M5S come la farina del diavolo, che, come è noto, va tutta in crusca.
Quali possono essere le ragioni di questa sorta di ‘svuotamento’ dell’originalità politica promessa dal M5S?
Di certo, il costo dell’inesperienza. La difficoltà ad orientarsi negli intrighi di un regolamento parlamentare che irrigidisce interventi e ritarda discussioni su nodi fondamentali, poi magari sciolti in una nottata nella quale si perde lucidità di ragionamento. Necessità economiche di circondarsi di collaboratori e portaborse sia pure non rinunziando a forme di trasparenza ma di fatto assimilabili alla “casta”.
Tentiamo un’ipotesi più originale. C’è un sistema parallelo di potere in Sicilia in grado di depotenziare ogni innovazione politica significativa. Il M5S avrebbe dovuto essere il partito della denunzia, dei dossier, degli esposti in procura. Come d’incanto questa azione è stata assunta da altri che la rivendicano come rivoluzione ignorando poi i risultati concreti di questa specie di ghigliottina di massa. Il M5S era per antonomasia al primo posto nella lotta antimafia. Oggi scavalcato, mai pervenuto; anzi, alle prese con gratuite insinuazioni.
Avrebbe dovuto indagare e svelare, far esplodere “bombe” politiche. Ma qualcosa, a parer nostro questa sorta di “Spectre” che governa le cose siciliane nel silenzio, è riuscita a svuotarlo, a silenziarlo, forse anche ad intimidirlo. Ne ha, nei fatti, disinnescato le possibili armi per un cambiamento reale.
Qualcuno, a questo punto, domanderà: da chi è composta questa “Spectre”? Proviamo a compiere un esercizio ed identifichiamo tutti i soggetti che almeno da venticinque anni ininterrottamente ricoprono posizioni di potere in Sicilia. Facciamo così quello che dovrebbero fare gli storici del fenomeno se non (fossero condizionati) dalla loro abulia, o, forse, dalla speranza di cooptazione.