PALERMO – “Il nuovo governo deve essere pronto entro fine luglio. Non ci possiamo permettere di perdere altro tempo”. Il day after della direzione non ammette riposo. Pause. I motori sono già accesi. Il segretario regionale del Pd Fausto Raciti sta già lavorando al nuovo programma e alla nuova delegazione in giunta. “Deve iniziare un nuovo ciclo. E bisogna rompere definitivamente col passato”
Intanto ieri il suo partito le ha confermato quasi all’unanimità la fiducia. Eppure qualcuno nel Pd fino a poche ore fa la considerava quasi un “segretario di minoranza”. Cos’è successo?
“Io le posso solo dire che non mi sono mai considerato un segretario in minoranza o ‘di’ minoranza. Chi lo diceva voleva insinuare due cose. Non solo che io non godessi della fiducia del partito ma anche che volessi solo rappresentare una parte del Pd. Cosa per nulla vera”
Bene, il documento di ieri le assegna due mandati: un nuovo pacchetto di riforme da discutere col governatore e soprattutto una nuova delegazione del Pd da proporre a Crocetta. Ha in mente una scadenza per mettere a punto le due cose?
“E’ necessario che tutte queste questioni, compresa la nuova rappresentanza del Pd in giunta, siano chiarite prima della pausa estiva. Prima che l’Assemblea chiuda i propri lavori. Insomma, entro luglio bisognerà voltare pagina, chiudere un ciclo e aprirne un altro”.
A proposito della giunta. Immagino che lei non mi farà nomi, ma almeno un’idea sull’identikit dei nuovi assessori democratici ce l’ha? Ad esempio, lei pensa che i deputati debbano far parte del governo?
“Io non condivido il pregiudizio nei confronti dei parlamentari. Credo sia una scelta vissuta finora in maniera un po’ dogmatica. Comunque sia, non mi rompo la testa su questa questione. La chiave è la maggiore forza ‘politica’ del governo. Che poi ciò si attui tramite la presenza di deputati in giunta o meno, è del tutto secondario”.
Chiaro. E del resto il dibattito non è nemmeno nuovissimo. Le chiedo allora: questa volta si fida di Crocetta? Pensa che ascolterà le richieste del Pd?
“Credo che stavolta sia Crocetta a doversi fidare del Pd. La scelta da parte nostra di tenere aperto il dialogo, nonostante tutto, è la dimostrazione che nel partito non manchi la volontà di ‘fare’”.
A dire il vero, diverse aree del partito si sentono tutt’ora rappresentate in giunta.
“Infatti anche ieri ho precisato che il problema non è tanto quello dei rapporti tra il Pd e Crocetta, ma riguarda semmai il partito, che deve decidere cosa fare da grande”.
Qualche indicazione, a dire il vero, sembra essere arrivata anche da Roma…
“Ho chiesto io stesso a Guerini un segno di attenzione alla Sicilia. Il fatto che lui si sia posto come il garante del documento firmato ieri, è molto importante: questo vincola tutti e impone a tutti un salto di qualità, quali che siano state le posizioni di queste settimane, e per tutti, adesso, i comportamenti dovranno essere conseguenti. Credo sia la volta buona”.
Insomma, pensa che le correnti che hanno detto di sì al “Crocetta bis” siano pronte a ridiscutere le presenza in giunta.
“Sì, anche ieri durante la direzione ho colto questo segnale. Credo che stavolta ci sia la volontà di ragionare come partito, senza utilizzare Crocetta come alibi”.
Abbiamo un po’ parlato della giunta. Ma lei dovrà portare anche un programma di riforme. Senza entrare nel dettaglio, quali saranno le priorità?
“Intanto bisognerà discutere insieme la Programmazione europea. Finora affidata ai tecnici, quando serve un processo di condivisione coi territori, le forze politiche e le forze produttive. Poi bisognerà parlare di politica economica e industriale, anche sulla scorta di quello che leggiamo quasi ogni giorno: per ultimo solo in ordine di tempo il caso Eni a Gela. Sono temi che coinvolgono anche il governo nazionale. Ma non solo”.
Cos’altro?
“Dobbiamo parlare di riforme. E soprattuto dell’approdo definitivo di queste riforme. Penso ad esempio alla Formazione, che va accompagnata ad un approdo sicuro; o all’idea di introdurre il reddito minimo garantito. Dobbiamo capire se la direzione da prendere possa essere quella di un vecchio assistenzialismo. A questo sono contrario. E ho sempre pensato che, invece di risarcire le persone che non hanno un lavoro, bisogna sforzarsi di creare nuovi posti di lavoro. Infine va affrontato il tema dei rifiuti, su cui non si può improvvisare, visti gli interessi di ogni tipo che attira e i costi che comporta ”.
Non ho ancora chiarissimo però quale debba essere il ruolo del Pd. Cioè cosa debba cambiare rispetto a quanto visto in questo anno e mezzo.
“Vede, in questi giorni si parla tanto del libro di Pietrangelo Buttafuoco, un vero atto d’accusa all’autonomia e ai governi di Crocetta e Lombardo. Io ritengo, in effetti, che l’autonomia finora sia stata vissuta come uno strumento al servizio di una strettissima oligarchia. Il compito del Pd è proprio quello di superare una interpretazione accentratrice e e oligarchica. In una parola, il compito del Pd è quello di ‘aprire’. Il partito deve diventare uno strumento di partecipazione, la Regione un luogo di coordinamento delle politiche pubbliche e i consorzi, le aree metropolitane ed i comuni i luoghi della gestione: la riforma dei consorzi va completata sotto il rifilo delle competenze”.
In effetti quel libro attacca duramente l’attuale governatore. Ma a dire il vero, critiche molto feroci sono giunte anche da autorevoli esponenti del suo partito. In quest’anno e mezzo di governo c’è, secondo lei, una cosa da salvare?
“Bella domanda (ride, ndr). Mettiamola così: credo che il limite principale di questo governo sia rappresentato dalla difficoltà di rendere esplicito il progetto per la Sicilia. Una confusione tale da non rendere chiaro nemmeno quanto si è fatto sul piano della lotta agli sprechi. Ma il ‘nodo’ è un altro”.
Quale?
“Bisogna rompere le linee di continuità con l’esperienza del governo Lombardo. Entrambe le esperienze, infatti, hanno un elemento in comune: l’incapacità di coinvolgere i partiti nelle decisioni, ma anche la gente, le forze vive della società, per chiudersi all’Ars. Dare una svolta da questo punto di vista mi sembra molto più utile di un nuovo prefetto Mori, servono più democrazia e consenso, non meno”.
Una continuità di cui parla anche Buttafuoco, in effetti…
“Dobbiamo dirci la verità: Buttafuoco racconta una Sicilia che esiste. Che molti riconoscono come tale. Non dobbiamo dimenticarci che anche in occasione delle Regionali, il 70% dei siciliani non ha votato per noi. Non ha votato per Crocetta”.
Lei ha sentito il presidente dopo la direzione di ieri?
“Non ancora. Ma solo perché, in queste cose, sono formale. Preferisco prima definire il percorso col partito per poi discutere col governatore”.
Ha temuto o teme ancora che l’immobilismo del governo di cui lei ci ha parlato, finisse per coinvolgere anche il Pd? O addirittura che i siciliani, come è emerso in questi giorni, potessero finire per rimpiangere il passato, persino quello di Cuffaro…
“Il rischio che i siciliani tornino a rimpiangere Cuffaro è sempre vivo. La Sicilia è sempre stata contraddistinta da un forte blocco conservatore. Un blocco che si è diviso alle ultime regionali, consentendo la vittoria di Crocetta. Ma non credo sia solo un fatto politico ed economico, legato al clientelismo”?
Vale a dire?
“Credo esista un pezzo di Sicilia che rimpiange Cuffaro non in malafede. A noi spetta proprio il compito di cancellare quei rimpianti: non nascondiamoci i problemi, le difficoltà e gli errori. Affrontiamoli piuttosto, è più semplice e onesto”.