PALERMO – Avrebbero coltivato la droga in quella che fu la villa, oggi confiscata, di Pietro Aglieri, potente boss del mandamento di Santa Maria del Gesù. Un esempio, dicono gli investigatori, di pessimo riutilizzo di un bene strappato alla mafia.
In manette sono finiti Roberto e Vincenzo Bellante, padre e figlio, di 39 e 21 anni. I poliziotti li hanno arrestati in flagranza di reato all’interno dell’immobile al civico 15 di largo OS1 1, nel rione Guadagna.
Ed è stato proprio l’utilizzo della villa di Aglieri ad insospettire gli agenti. All’anagrafe comunale Vincenzo Bellante risulta residente allo stesso numero civico da cui, attraverso un cancello, si accede ad una stradina. Oltre alla villa, ci sono diversi palazzi. La struttura che apparteneva alla famiglia Aglieri è disabitata da anni e in stato di abbandono. Eppure i poliziotti hanno notato troppi movimenti strani, a tutte le ore del giorno e della notte.
Gli agenti si sono appostati. Con discrezione si sono avvicinati alla casa dalla quale proveniva l’inconfondibile odore di cannabis. E così sabato mattina, dopo che hanno visto allontanarsi due donne, hanno deciso di fare irruzione nell’immobile.
Al primo piano c’erano una cinquantina di piante di marijuana, riscaldate da potenti lampade alogene. Due deumidificatori mantenevano la temperatura costante nelle camere trasformate in serre. Sul posto sono strati chiamati anche gli operai dell’Enel i quali hanno scoperto un allacciamento abusivo alla rete elettrica. Il pubblico ministero Maurizio Musco ha disposto il fermo dei due indagati e ora si attende la convalida del provvedimento da parte del giudice per le indagini preliminari.
Aglieri fu arrestato nel giugno del 1997. Si nascondeva in un casolare tra Bagheria e Ficarazzi. La villa di Largo OS 1, dove il boss della Cupola di Cosa nostra abitava con i suoi familiari, è stata confiscata due decenni fa. È passata al patrimonio dello Stato, i cui rappresentanti da quelle parti si sarebbe visto poco o niente. Tanto che i Bellante ne avrebbero approfittato.