CATANIA – Uccisa mentre sperava che venisse fatta giustizia. Uccisa dallo stesso uomo che aveva denunciato due anni prima per stalking. Finire massacrata a coltellate nel giorno in cui un’udienza preliminare, tanto attesa, avrebbe dovuto stabilire se Luca Priolo, accusato di vere e proprie persecuzioni con messaggi, assalti e appostamenti, potesse essere rinviato a giudizio, cioè se esistessero accuse sufficienti per sostenere un processo penale, che non è mai iniziato. Dietro l’atroce omicidio di Nicolosi c’è un caso, l’ennesimo, di ordinaria malagiustizia. Ci sono voluti 24 lunghissimi mesi per arrivare a quest’udienza che non si è mai celebrata, perché l’imputato, a piede libero, ha avuto tutto il tempo per tentare di riavvicinarsi alla sua ex compagna, Giordana Di Stefano, seguirla, continuare a dimostrare a se stesso e agli altri del paese che era “cosa sua”.
Malagiustizia ordinaria. Perché il sistema processuale si è attenuto ai “normali” tempi dettati dalle procedure, affrontando una denuncia gravissima, presentata il 3 ottobre del 2013, come un reato minore, da confinare tra i furtarelli del tribunale monocratico, dove non c’è neanche spazio per i fascicoli che ogni giorno aggiungono peso a un sistema giudiziario stremato. Il grido d’aiuto di Giordana, formalizzato con una denuncia che aveva avuto il coraggio di presentare, grazie al sostegno della madre, è finito tra le scartoffie dell’ex pretura di via Crispi. Posteggiata tra l’identificazione dell’indagato, la conclusione delle indagini preliminari, la concessione di 15 giorni per presentare una memoria, la richiesta di rinvio a giudizio e la fissazione, finalmente, di un’udienza davanti a un giudice terzo.
Una denuncia scaturita da fatti circostanziati. A raccontarlo a Livesicilia è Igor, amico d’infanzia di Luca. Nella denuncia si parlava di un vero e proprio assalto, che Luca avrebbe fatto nella casa di Giordana dopo l’ennesimo litigio. Un assalto che aveva prodotto l’intervento dei genitori della giovane ragazza che, dopo aver ricevuto messaggi assillanti ed essere stata vittima di scontri frequenti, si era rivolta alle istituzioni.
Chi ha controllato quale fosse la personalità di questo ventenne accusato di stalking? Nessuno psicologo, nessun esperto. Chi ha valutato il contesto in cui era maturata la denuncia? Nessuno, escluso il pubblico ministero assegnatario del fascicolo, che si è attenuto scrupolosamente alle procedure. Inutili.
Luca aveva avuto una bambina da Giordana quando lei era appena diciassettenne. Si erano lasciati poco tempo dopo. Alla festa dei diciotto anni non era tra gli invitati, nel frattempo Giordana si era rifatta una vita, o credeva di farlo. Fidanzata con un carabiniere pensava al futuro, ma lui, Luca, era sempre lì. Un “playboy” molto desiderato dalle donne, lo descrivono gli amici, ma “fissato” con Giordana e la sua bambina. “Era geloso – raccontano le amiche della ragazza uccisa – anche solo quando lei usciva e tutti sapevano dei litigi violenti che avevano, tutti sapevano degli atti di stalking che continuava a fare”.
L’uomo, nel frattempo, si era arruolato volontario nell’esercito, ma poi, diventato papà, aveva disertato finendo denunciato penalmente. Un amore morboso quello nei confronti della giovane ex compagna. “Non accettava il fatto che lei stesse con altri uomini – continua Igor – negli ultimi giorni era strano, sembrava che non avesse un domani pensando all’udienza che lo aspettava”. L’udienza si avvicinava mentre incombeva anche la causa per stabilire con chi dovesse stare la piccola bambina.
Un mix micidiale che ha prodotto una tragedia. Adesso è troppo tardi per pensare a cosa poteva essere fatto per raccogliere quel grido d’aiuto lanciato da Giordana, che non c’è più. Il procuratore Michelangelo Patanè ha detto che “la sola risposta giudiziaria non è sufficiente per fronteggiare i casi di stalking come in questo caso il processo non è servito da deterrente per l’omicida”. Se il processo non è servito da deterrente allora a cosa serve denunciare? La giustizia ha fallito.