Festa di compleanno di undicenni. Nico e Carol stanno seduti uno accanto all’altra, muti e a capo chino. Entrambi digitano a velocità supersonica sulla tastiera luminescente del proprio smartphone, ovviamente ultimo modello. Incuriosita, chiedo come mai non giochino, o non facciano una bella chiacchierata, visto che sono insieme. ‘Lo stiamo facendo’, risponde la ragazzina. ‘Ci stiamo messaggiando’. Come se non bastassero gli abusi di droghe, o di prodotti legali come tabacco e alcol, si prospetta, anche nell’universo dei minorenni, una nuova forma di assuefazione.
Lo scorso marzo, i cardiologi presenti al XIV Congresso Nazionale della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare hanno dato il segnale di allarme: l’uso eccessivo di smartphone e tablet provoca gli stessi sintomi che avvertono tabagisti e alcolisti. Nel nostro Paese, l’81 per cento dei ragazzi in età scolare si collega a internet tutti i giorni; per il 12% di essi l’accesso a Facebook è la prima azione che si compie al risveglio, mentre, per il 35%, è l’ultima prima di dormire.
I giovanissimi, secondo gli studi più recenti, usano in modo scorretto le nuove tecnologie con conseguenti rischi per lo sviluppo cognitivo, la salute psichica e gli atteggiamenti comportamentali; sono difatti soggetti a sbalzi di umore, tendono ad isolarsi, sostituiscono lo schermo alla socializzazione coi coetanei, e, con riguardo ai danni corporei, hanno problemi ortopedici, di vista e di postura. La mente corre al sublime Poeta, definito da un feroce epigramma ‘il gobbo di Recanati’, che aggravava la propria patologia rimanendo curvo sui ponderosi volumi della biblioteca paterna gran parte della giornata. Più che lontano, è remoto il tempo nel quale il giovane Giacomo, pur consapevole del proprio ‘esser frale’, rifuggiva dal male della vita studiando. Altro che libri! Drogati di internet, bambini abbacinati, connessi allo schermo e disconnessi dalla realtà e dagli affetti familiari, restano davanti allo schermo per un numero eccessivo di ore al giorno.
Gli ultimi dati della Società Italiana di Pediatria rivelano che il rapporto tra adolescenti italiani e internet è sempre più privato; il 71% dei tredicenni si collega alla rete con lo smartphone, lontano dal controllo dei genitori. Il 46% degli adolescenti passa da una a tre ore al giorno sul web, il 26% le supera, sei su dieci definiscono internet ‘irrinunciabile’, uno su quattro si sente solo senza amici virtuali. E 88 ragazzi su 100 ravvisano nel proprio rapporto con la rete la prima causa di comportamenti di abuso non correlati a sostanze: si tratta di una vera e propria dipendenza, in quanto l’uso dello strumento tecnologico provoca aumento dell’eccitazione o maggiore rilassatezza. Le conseguenze, oltre all’alterazione dell’umore, sono il sovrappeso causato dall’eccessiva sedentarietà, le difficoltà nell’apprendimento scolastico dovute al poco tempo dedicato allo studio e alla scarsa concentrazione, l’isolamento e l’introversione. Distratti da social e videogiochi, i ragazzi sostituiscono progressivamente il mondo virtuale ai rapporti personali. E, proprio come i soggetti che abusano di sigarette o alcolici, soffrono di crisi di astinenza e di euforia.
Anche nel resto del mondo i numeri sono allarmanti. In Gran Bretagna iniziano a interagire in modo continuo con lo schermo a sei anni; i bambini americani delle scuole elementari usano per otto ore al giorno i media elettronici, e gli adolescenti, tra i 13 e i 17 anni, inviano più di tremila sms al mese, di cui 34 al giorno ancor dopo aver spento la luce alla sera. Negli Stati Uniti da tempo ormai i genitori hanno abdicato al loro ruolo di controllo: già nel 2010 un report della Kaiser Family Foundation rivelava che due su tre non ponevano più regole sull’uso di tablet, tv, telefonini e videogiochi.
Peraltro, il 12° rapporto CENSIS sulla comunicazione rivela che il 70,9% degli italiani adulti, ovvero di coloro che delle giovani generazioni dovrebbero essere i mèntori, è continuamente su internet, e il 50,3 per cento dell’intera popolazione (la cifra sale al 77,4% riguardo agli under 30) è iscritto a Facebook. Siamo tecnotossici. Sarà scioccante, ma non eccessivo. E non è una novità.
L’uso di Whatsapp, il social network prediletto dai ragazzi, e di Facebook (in Italia tre adolescenti su quattro hanno un profilo) rende i giovani utenti raggiungibili giorno e notte; questo fa sì che un calcolo reale delle ore di connessione sia praticamente impossibile, una sorta di ‘probatio diabolica’, anche per la reticenza nei confronti dei genitori. Secondo il pediatra Giovanni Corsello ‘la migrazione dal computer al telefonino impedisce ai genitori di rendersi conto del tempo trascorso dai figli sui social network. E agevola l’abuso notturno, rubando ore preziose al sonno dei ragazzi. Il tema del rapporto tra giovani e tecnologia è dunque di fondamentale importanza per il loro e il nostro futuro’. Corsello è convinto della necessità di iniziare ad educare i bambini fin dalle scuole elementari. E, più ancora, i genitori. Ma come è noto, nonostante la resistenza di frange sempre più sparute di insegnanti, anche la scuola mira a introdurre l’utilizzo di strumenti elettronici in sostituzione dei libri. Quis custodiet ipsos custodes?
I più piccoli hanno delle regole di navigazione (tempi di connessione, momenti della giornata, siti proibiti)? Nostro figlio è mai uscito con qualcuno che ha conosciuto online? Ha uno smartphone o un tablet con la possibilità di connettersi senza controllo? Parla con noi di eventuali problemi o di paure insorte usando internet? Gli psicologi Edoardo Giusti e Romeo Lippi, nel volume ‘Facebook per psicologi: Il marketing con i social network’ (Sovera 2015), provano a rispondere a questi e a tanti altri interrogativi. Di contro -altrimenti il mondo sarebbe popolato da pazzi con mania autodistruttiva-, ricordano quanto la rete sia allettante.
Siamo dunque alla cyber-dipendenza. Il problema resta quello delle tante insidie, spesso non percepibili, alle quali il minore è esposto durante la navigazione in rete. Tra i lati oscuri del web, con specifico riferimento a social network, deep web e applicazioni che permettono una veloce socializzazione con altri internauti, vi sono anche le derive solitarie dell’utente minorenne (come il rischio del gambling, il gioco d’azzardo compulsivo), nonché le strategie subdole di criminali e predatori alla ricerca di minori sessualmente condizionabili (il cosiddetto grooming). Secondo l’avvocato, nonché eccellente analista sociale, Marco Faccioli, autore di un libro che tutti i genitori dovrebbero leggere, ‘Minori nella rete. Pedofilia, pedopornografia, deep web, social network, sexting, gambling, grooming e cyberbullismo nell’era digitale’ (Key Editore, 2015), la rete è un ‘buco nero’ che tutto divora e nulla smaltisce, in cui si spende gran parte della vita quotidiana del minore internauta, costantemente sul social network, tra la gestione del proprio profilo, la pubblicazione di post, commenti, foto e filmati sulla propria o altrui bacheca.
Infine, visto che in rete ci andiamo proprio tutti e sempre, perché non dare un’occhiatina al sito della Pubblica Sicurezza, che in modo chiaro e dettagliato illustra sia i rischi che sistemi per evitarli? La Polizia Postale ha partecipato alla stesura del Codice di autoregolamentazione ‘Internet e Minori’, in collaborazione con il Ministero delle Comunicazioni e le Associazioni degli Internet Service Providers, nato per aiutare adulti, minori e famiglie nell’uso corretto e consapevole di Internet, e, tra i consigli per i genitori, ricorda di insegnare ai bambini l’importanza di non rivelare in rete la loro identità, né i dati personali dei familiari e degli amici; di controllare i più piccoli affiancandoli nella navigazione e dando consigli sui siti da evitare; di vietare di incontrarsi personalmente, e di nascosto, con persone conosciute in rete, spiegando come dietro un computer si possano nascondere propositi criminali e come le bugie costruiscano false identità molto attraenti. Bisogna dire loro con fermezza di non rispondere a messaggi volgari e offensivi, di segnalarli subito, insieme a eventuali minacce, e, allo stesso tempo, invitarli a non usare loro stessi un linguaggio inappropriato: sono i genitori che devono formare a tenere un comportamento corretto anche nella piazza virtuale ove ormai tanto si spende del nostro tempo.
Infine, e ci si può arrivare con medio buon senso, i bambini non vanno lasciati da soli e per tempi illimitati, a navigare in internet: questa rimane la migliore garanzia di tutela dei figli, proprio come, in passato, genitori ben più prudenti non ci lasciavano in ambienti popolati da adulti che non fossero l’alveo famigliare. Che nostalgia di quando mamma e papà ci raccomandavano di non accettare caramelle dagli sconosciuti! I mostri, allora, erano vaghe sembianze, rare e isolate manifestazioni di devianza. Oggi, sono in agguato ogni volta che un bambino, un ragazzo, persino un adulto, apre una chat. Non dimentichiamolo.