PALERMO – Tre professori indagati e quattro interdetti in Sicilia. È il bilanzio dell’inchiesta della procura di Firenze “Chiamata alle armi” che questa mattina ha visto impegnati in tutta Italia gli uomini della Guardia di Finanza che hanno eseguito l’arresto di sette docenti universitari titolari della cattedra di Diritto Tributario accusati di corruzione. Sono 29 in tutto le misure cautelari a carico di altrettanti docenti universitari di diritto tributario: oltre ai 7 finiti agli arresti domiciliari, ci sono 22 interdetti dall’attività per 12 mesi.
Tra gli indagati, figurano un professore dell’Università di Palermo, Andrea Parlato, Francesco Randazzo di Catania e Alessandro Filippo Cimino, palermitano ma docente alla Kore di Enna. Ed ancora, non solo indagati ma anche interdetti dallo svolgimento delle funzioni universitarie per 12 mesi, Salvatore Sammartino, Daniela Mazzagreco e Maria Concetta Parlato (tutti dell’Università di Palermo), Andrea Colli Vignarelli dell’Università di Messina.
L’operazione ha preso il via dopo che un primo caso di corruzione legata a concorsi truccati era stato accertato nel capoluogo fiorentino. alcuni professori universitari avrebbero tentato di indurre un ricercatore universitario, candidato al concorso per l’Abilitazione scientifica nazionale all’insegnamento nel settore del “diritto tributario”, a “ritirare” la propria domanda, allo scopo di favorire un terzo soggetto in possesso di un profilo curriculare notevolmente inferiore, promettendogli che si sarebbero adoperati con la competente Commissione giudicatrice per la sua abilitazione in una successiva tornata.
Tra gli indagati c’è anche l’ex ministro Augusto Fantozzi che adesso rischia l’interdizione dalla professione di docente, in merito alla quale il gip di è riservato di decidere dopo l’interrogatorio. Le misure sono scattate a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, disposta dal gip su richiesta dei pm fiorentini Luca Turco e Paolo Barlucchi. In una cena tra docenti di diritto tributario, avvenuta nel giugno del 2014 in un ristorante di Roma, l’ex ministro Augusto Fantozzi sottolineò la necessità “di trovare persone di buona volontà”, che “ricostituiscano un gruppo di garanzia che riesca a gestire la materia dei futuri concorsi”. L’ex ministro, che figura tra gli indagati, definisce questo gruppo, seppur scherzosamente, “la nuova cupola”.
E’ quanto emerge dalle carte dell’inchiesta della guardia di finanza di Firenze che oggi ha portato all’arresto di sette professori universitari per reati di corruzione. In base alle carte, nel corso della cena coi colleghi Fantozzi contestava il criterio secondo cui vengono abilitati i candidati che appartengono all’associazione che ha la maggioranza dei commissari in commissione, invocando una “regola”, che doveva essere creata da un gruppo di persone, “uomini di buona volontà”. Secondo gli inquirenti, con queste affermazioni Fantozzi avrebbe inteso sottolineare la necessità che le future abilitazioni fossero gestite non di volta in volta dai singoli commissari, ma da un “gruppo di garanzia”, appunto “la nuova cupola”.
Le intercettazioni fiorentine. “Non siamo sul piano del merito, non siamo sul piano del merito, Philip”, “Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano”, “tu non puoi non accettare”, e “che fai? fai ricorso? … però ti giochi la carriera così…”: queste alcune frasi registrate col telefono cellulare in un colloquio da Jezzi Philip Laroma, il candidato all’abilitazione alla docenza di diritto tributario cui era stato chiesto di ritirarsi da un concorso e che invece non rinunciò.
Laroma, che allegò le conversazioni da lui registrate alla denuncia alla guardia di finanza, si sentì rispondere in questo modo dal professor Pasquale Russo, luminare tributarista, già ordinario all’ateneo di Firenze, anche lui indagato nella stessa inchiesta. Laroma era andato a chiedere spiegazioni a Russo sul perché si dovesse ritirare e a favore di chi, scoprendo che nella lista c’era un associato dello studio di Russo, Francesco Padovani. “C’è una priorità che veniva da… tante cose”, spiegò Russo a Laroma e quindi “la scuola”, ossia la cerchia di allievi di Russo, aveva “deciso di portare avanti Francesco”. Alle insistenze di Laroma di non voler ritirare la domanda, il professor Russo gli spiega che ciò serve “per mantenerti integra la possibilità di farlo in un secondo momento, e quindi poter ripresentarla alla tornata successiva. Laroma invece segnalò al professore che “se loro (le commissioni giudicatrici, ndr) gestiscono la cosa pubblica in questa maniera.. penso che sia una cosa che interessi l’autorità giudiziaria”. E anche così il ricercatore si determinò a fare denuncia alle Fiamme Gialle.
*Aggiornamento 26/09/2017
Il professor Pasquale Russo, uno dei docenti chiamati in causa dall’inchiesta sui concorsi truccati, era già in pensione dall’1 novembre 2010. E’ quanto precisa lo stesso Russo, tramite una nota del suo difensore, l’avvocato Gianluca Gambogi nella quale si fa riferimento alle notizie riportate sui quotidiani e le tv: “Il professor Pasquale Russo precisa innanzitutto di essere andato in pensione a decorrere dal 1 novembre 2010 e, pertanto, i fatti descritti nei vari articoli e nei servizi televisivi sono innegabilmente successi al collocamento a riposo”. Il legale sottolinea quindi come il professor Russo precisi “di non aver alcun dubbio di circa la possibilità di offrire alla magistratura inquirente tutti gli elementi necessari per chiarire, al più presto, la propria posizione nel procedimento penale in corso al fine di far acclarare la propria estraneità ai fatti”.