PALERMO – Un pentimento “progettato e pilotato” dai suoi familiari. Giovan Battista Pipitone, sotto processo per omicidio, si difende in aula e attacca innanzitutto il suo grande accusatore, il nipote e pentito Antonino Pipitone.
L’imputato accetta di sottoposti all’esame del pubblico ministero Roberto Tartaglia e parla dell’astio che i familiari proverebbero nei suoi confronti. Un astio nato tanti anni fa quando il fratello Angelo, padre del pentito Antonino, gli fece sapere che doveva andarsene da Carini. Aveva “disonorato” la famiglia per via del suo rapporto con un ufficiale dei carabinieri.
E lo minacciò di morte. Minacce reiterate dal figlio di Angelo Pipitone, Antonino. Giovan Battista Pipitone aveva preferito allontanarsi alcuni mesi in Venezuela. Nel 2016 è stato arrestato e adesso è imputato assieme a Salvatore Cataldo, Antonino Di Maggio e Ferdinando Gallina. Gli omicidi sono quelli di Antonino Failla, Giuseppe Mazzamuto e Francesco Giambanco. A dare l’ordine di ucciderli sarebbe stato Pipitone, considerato il capo della famiglia mafiosa. Come poteva essere il capo, sostiene i legali della difesa, gli avvocati Jimmy D’Azzò e Giuseppe Giambanco, visto che il fratello lo considerava uno sbirro? Nei mesi scorsi Angelo Pipitone è stato prosciolto in un processo perché considerato incapace di intendere e volere.