PALERMO – Roberto Ginatta “mi diceva che non si sognava di investire tutti quei soldi nello stabilimento di Termini Imerese”. A raccogliere la confidenza del presidente del Consiglio di amministrazione di Blutec è stato il rappresentante legale di un’impresa di consulenza che vantava un credito nei confronti della società che doveva fare rinascere lo stabilimento ex Fiat.
Le sue dichiarazioni sono andate a ingrossare il fascicolo dei finanzieri del Nucleo di polizia economica-finanziaria di Palermo. Conti alla mano si tratta di 16 milioni e mezzo “sprecati” per inseguire il sogno industriale di Termini Imerese, fra spese non ammissibili al finanziamento, costi fantasma e strani movimenti bancari. Da qui la contestazione di malversazione ai danni dello Stato contesta a Ginatta e all’amministratore Cosimo Di Cursi.
Il primo via libera all’erogazione di 21 milioni è del dicembre 2016, di cui 19 milioni dovevano essere spesi entro giugno 2017. Il 6 luglio, dopo un tira e molla con Invitalia, società del Ministero dello Sviluppo economico, Blutec presenta uno stato di avanzamento lavori di tre milioni di euro e un altro, nel marzo 2018, di 14 milioni”.
Secondo la Procura di Termini Imerese, invece di finanziare la rinascita dello stabilimento ex Fiat, il denaro sarebbe finito in un buco nero di speculazioni finanziarie e operazioni sospette.
Ad esempio risultano rendicontante le spese – più di un milione e 250 mila euro – per un software di progettazione. I finanzieri hanno raccolto le testimonianze dei dipendenti tornati in fabbrica: non hanno mai utilizzato e neppure visto il costoso programma.
Nel dicembre 2016 i primi 8 milioni di finanziamenti vengono erogati su un conto corrente aperto in una filiale milanese del Credite Suisse. Lo stesso giorno il denaro transita su un ulteriore rapporto finanziario denominato “premium mandate”. Sul vecchio conto restano 350 euro. Che fine hanno fatto i soldi? La Procura parla di investimenti in attività speculativa che nulla hanno a che fare con il progetto industriale.
Ad aggiungere anomalie al già torbido quadro sono alcuni passaggi di denaro da Bluec a Metec,(la società madre di cui Blutec è la partecipata) di cui Ginnatta è il proprietario. Ed ancora i soldi transitati verso una società riconducibili ai figli del presidente del Cda di Blutec. Si tratta di poco più di due milioni di euro “non riconducibili ad alcuna fatturazione”.
Quando Invitalia ha messo l’azienda con le spalle al muro chiedendo la restituzione dei finanziamenti i vertici di Blutec hanno chiesto ulteriore tempo e si è iniziato a parlare di un nuovo progetto industriale con il ministero. Troppo tardi: i soldi andavano recuperati.
La Blutec da oggi è in amministrazione giudiziaria. Una nota del responsabile della comunicazione spiega che “sono attualmente in corso le attività di immissione in possesso della società, e nelle prossime ore sarà cura dell’amministratore nominato prendere contatti con tutti gli stakeholders interessati, clienti, partner commerciali, fornitori, al fine di garantire la continuità del ciclo produttivo e la tutela dei posti di lavoro. L’azienda è e continua ad essere operativa”.