"Notre Dame era la mia casa..." | Le lacrime di palermitani e francesi - Live Sicilia

“Notre Dame era la mia casa…” | Le lacrime di palermitani e francesi

Parlano i francesi che vivono a Palermo e i palermitani che abitano a Parigi. Dopo la tragedia.

PALERMO – Le fiamme, il crollo della guglia tra le espressioni incredule, un drone che riprende dall’alto il tetto letteralmente scomparso, incenerito: le immagini di una parte di Notre Dame che muore fanno male al mondo, e feriscono allo stesso modo chi l’ha solo visitata da turista e chi ne ha fatto una compagna di vita, come i francesi che ormai vivono a Palermo e i palermitani che hanno abbracciato la cultura parigina e francese.

Oggi “Nostra Signora” è viva per metà, quella inferiore. Salvi i rosoni, l’organo, le preziose reliquie, le sedici statue della guglia, la sacrestia e le porte, mentre dal punto di vista strutturale c’è la massima cautela dei vigili del fuoco: l’incendio di ieri sera ha provocato la dilatazione dei materiali, e c’è ancora il rischio concreto che il ritorno allo stato originario possa provocarne alterazioni critiche. Certamente alterato, e per sempre, è già il cuore dei francesi che vivono a Palermo, che ieri hanno solo potuto seguire a distanza uno dei momenti più neri della storia della Francia.

“Non è un sentimento o una sensazione che si può spiegare, soprattutto a chi non c’è legato”. Orienne ha 26 anni e vive a Palermo da due, ma è nata a Parigi e ci ha vissuto fino ai 20, crescendo nel VI arrondissement, a due passi da Notre Dame; racconta che da Parigi ha sentito di dover fuggire, ma che la capitale francese rimane casa sua. Trovare le parole giuste non le è facile: “Ci tengo a dire che mi infastidisce che ci si debba ‘appropriare’ di un monumento e dei relativi eventi: Notre Dame è di tutti, è del mondo; d’altra parte, però, è anche vero che lontano da casa è difficile condividere questo dolore coi palermitani, non sarà mai lo stesso tipo di dolore”. Orienne ha passato la sera davanti a uno schermo, seguendo il terribile incendio in diretta; di notte ha anche provato a non dormire, per non trovare solo macerie al risveglio, come chi in ospedale vigila su una persona cara in difficoltà e non vuole distrarsi un attimo. “Mi sono sentita un po’ sola – dice –. Fortunatamente ho trovato un’amica francese con cui vivere quei momenti, ne avevo bisogno”.

“Immaginate di essere in un’altra città e sapere che il Massimo, o il Politeama, stia andando a fuoco”. Così Orienne prova a fornire un’immagine che spieghi ai palermitani una perdita vissuta con rabbia e sofferenza in tutta la Francia. Per i parigini, Notre Dame è sempre stata al contempo chiesa, punto di riferimento, compagna e certezza inamovibile.

“Episodi precisi che mi legano a Notre Dame? Non ce ne sono in particolare, perché è casa. Legata a Notre Dame è la mia vita intera”, taglia corto Orienne. “Ci sono passata davanti per tutta la vita, mia sorella ha fatto lì la prima comunione, l’ho vissuta al suo interno sia da ‘turista’ che da francese. La cosa che mi fa tanta pena e rabbia è che sia stata la natura, e che nessun vero responsabile pagherà. Però momenti come questo fanno anche bene – conclude – perché rimettono in discussione l’uomo e le sue convinzioni, e tornano a unire le persone in momenti di crisi. Non so come si possa ricostruire un’opera di quella portata, ma per farlo la Francia si sta un po’ riunendo”.

Irène Colletto, parigina ed ex dipendente del consolato francese a Palermo, ha ancora vivide in mente le immagini di ieri sera: “Una cosa mostruosa, da pelle d’oca e da far piangere. Faccio parte di un gruppo di francesi ormai sposati da anni con palermitani – spiega – e ho notato chiaramente una cosa: siamo rimasti tutti stupiti in quanto europei. Anche i palermitani del gruppo hanno sentito le stesse preoccupazioni, le stesse lacrime”. Colletto ha vissuto Notre Dame in modo diverso da Orienne, ma prova lo stesso dolore: “Anche se non sono di quelle parti, per tutti noi parigini e francesi è un simbolo storico, che fa parte di noi anche più della Tour Eiffel. Io non l’ho mai frequentata particolarmente, ma la ferita c’è e rimarrà anche a lungo”, ammette. “Circa cinquant’anni per la ricostruzione? Io dal cantiere, da quel centro vuoto della città, non ci passerò più. Notre Dame com’era ce l’ho nella testa, negli occhi e nel cuore, voglio conservarla. Andare lì mi farebbe troppo male”.

Che gli italiani abbiano pianto quanto i francesi lo assicura anche Chiara Randazzo, 26enne di Palermo che ha fatto il percorso inverso: da un anno vive e lavora a Parigi, in una startup, ma questa è già la sua seconda permanenza nella capitale francese dopo un anno in Italia. Dice di amare profondamente la città, che definisce “Bella e maledetta, e l’incendio a Notre Dame ne è l’immagine perfetta. Nonostante le tensioni e i problemi di questo paese, non ci sono più distinzioni quando viene danneggiato, colpito o ucciso un simbolo così importante. Solo solidarietà e condivisione. È stato terribile per tutti, anche per i tantissimi palermitani qui a Parigi”, racconta ancora Chiara. “L’abbiamo vissuta con la stessa angoscia. Notre Dame non è solo un simbolo francese, tutti l’abbiamo ‘acquisito’ e fatto nostro attraverso cartoni animati, canzoni e letteratura. E fa ancor più male se sei un italiano che si riconosce nella cultura francese, e che coi francesi vive le loro gioie e i loro dolori”.


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