Ha vinto Carola | Ma vince Matteo - Live Sicilia

Ha vinto Carola | Ma vince Matteo

I consensi del leader leghista aumentano, nonostante la 'battaglia' di Lampedusa.

La polemica
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Il titolo riassume, nella banalità dell’incongruenza, il diagramma schizofrenico della realtà. La Capitana Carola Rackete ha vinto la ‘battaglia’ di Lampedusa, non tanto per l’esito giudiziario momentaneo della vicenda che l’ha vista liberata: sarà un paese finalmente normale quello in cui ogni pronunciamento del giudice verrà sottratto alla contesa agonistica. Ma perché, per parecchi giorni, ha tenuto testa a Matteo Salvini, al secolo il Capitano, in quella complessa trama di sommovimenti viscerali e riflessi mediatici che ormai chiamiamo democrazia. E non era facile.

Carola ha semplicemente raggiunto e mantenuto il punto, entrando in porto con la Sea Watch – ma non è questo il luogo per valutare il suo comportamento in senso stretto, per fortuna il diritto possiede ancora un suo linguaggio specifico – e ha affrontato, che fosse intima forza, o rappresentazione di un ruolo, la sua prova con invidiabile serenità, con un parlare schietto e determinato, con pose che, risultando anti-retoriche, erano capolavori di retorica. Come se avesse detto, non dicendolo: io, donna, bianca e benestante sono la raffigurazione di un mondo giusto e vagheggiato, concepito per la solidarietà, anzi per la fraternità che ci spinge a cercare l’umanità in mare.

Così, purtroppo, era perfino scontato che la sua femminilità, ampiamente intesa, diventasse il bersaglio di una suburra oscena di insulti, rivolti pure al Gip Alessandra Vella, e sarebbe dovere di ogni uomo che non si arrende al lato peggiore della mascolinità inchinarsi al cospetto di queste due donne – la signora magistrato e la signora che comanda le navi – e chiedere perdono di tanto oltraggio. E perfino l’inquilino del Viminale dovrebbe forse scusarsi di certi commenti che sono apparsi un passo più in là della sacrosanta libertà di critica.

Sul piano simbolico non c’è stata partita: Carola, l’effigie di una forza calma e Matteo a spargere sui social gli strali della sua ira. E si sa che la rabbia veste sempre i paramenti della sconfitta.

Eppure, la nettezza dei numeri fin qui disponibile recita un altro copione. Matteo Salvini vola – siamo ormai al 38 per cento, in zona Pd renziano, secondo i sondaggi – e aumenta il suo già imponente ventaglio di consensi, proprio in forza della crisi della Sea Watch. Cosa significa? Soltanto che il verbo salviniano è penetrato tanto in profondità da specchiarsi – che piaccia o non – nel ‘senso’, cioè nel modo complessivo in cui una comunità larghissima percepisce se stessa. Ottime notizie per i leghisti, campane politicamente a morto per tutti gli altri, compresi i 5 Stelle con il loro inconsistente balbettio. Sono le maggioranze silenziose, che se ne fregano della simbologia, a determinare gli esiti delle elezioni.

Che Italia è quella che si è imbarcata sul veliero a gonfie vele del comandante leghista? E’ tante cose: un popolo sgomento, povero, con una paura dell’invasione amplificata da un’Europa che più sbagliata di così verrebbe difficile immaginarla. Ma è anche, in una sua parte, un paesaggio di egoismi e di aridità. Un posto cattivo per gente cattiva.

 

 


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