PALERMO – “Confermo di avere fatto parte di un’associazione per delinquere dedita al narcotraffico”. Inizia così il verbale di Francesco Paolo Lo Iacono, arrestato lo scorso luglio in un blitz della polizia, che ha parlato anche dell’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà.
Un mese dopo, in agosto, il Tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare e scarcerato Giuseppe Vallecchia e Giuseppe Randazzo. Erano fra i sedici arrestati. Vallecchia è parente di Fabio Chiovaro, ex capo mandamento della Noce.
Ci sono anche i loro nomi nei verbali di Lo Iacono che ricostruisce i ruoli di chi gestirebbe la piazza della Zisa: “I capi erano inizialmente Vallecchia Giuseppe, Randazzo Giuseppe, Biancucci Danilo e tale Danilo detto ‘u Russo, che aveva il ruolo di pusher. Dopo l’arresto di Vallecchia per estorsione suo cugino La Rocca Francesco ha preso le redini dell’associazione… io sono stato introdotto per il tramite di Gulotta Ernesto. La Rocca mi ha detto che vi era di bisogno di una persona per la mattina, mi ha detto che mi avrebbe dato un telefono e droga da smerciare a Palermo…”.
Era un telefono bollente, sempre a disposizione dei clienti. Gli affari andavano a gonfie vele: “Ogni mattina portavo i soldi accumulati sia da me che da Gulotta presso il negozio di frutta del padre di La Rocca, in corso Finocchiaro Aprile. Accadde che si verificò un ammanco di 70 mila euro nel senso che Randazzo aveva fatto dei calcoli secondo cui nel fondo cassa vi avrebbero dovuti essere 140 mila euro e invece ne erano rimasti solo 70.000 e fu dunque fatta una riunione a casa di Biancucci…. nel corso di questa riunione Randazzo sferrò uno schiaffo a Gulotta… si parlò anche di un ammanco di 5 mila euro che La Rocca addebitava a Gulotta. A causa di questo dissidio Randazzo ha cacciato La Rocca…”.
I pusher avevano uno stipendio e una volta inseriti nella rete dello spaccio era impossibile uscirne: “… io ho sempre lavorato per 350 euro a settimana che era un verro e proprio stipendio che mi veniva erogato a prescindere di quanta droga vendevo. Randazzo mi minacciò che avrebbe ucciso i miei figli se non avessi continuato a lavorare per lui.. Randazzo mi impose il l pagamento di 350 euro a settimana alla moglie di Vallecchia, Chiovaro Tiziana”.
Lo Iacono racconta di avere subito la violenza dell’organizzazione: “Nel dicembre 2017 è uscito da carcere Vallecchia che ci diede un appuntamento a casa di Biancucci Danilo. Ci vedemmo io, Gulotta… alla presenza di Vallecchia e Randazzo. I tre picchiarono sia me che Gulotta che fu preso a sediate, menrte a me diedero calci e pugni. Ci accusavano di esserci fatti un giro nostro”.
Il neo collaboratore riferisce di avere tentato di cambiare vita, ma “nel 2019 ho perso il lavoro e ho chiesto a Randazzo di potere ricominciare a lavorare con loro. Ci siamo trovati io, Randazzo, Vallecchia, Biancucci mentre La Rocca era per i fatti suoi. Gli accordi erano che mi davano il telefonino con i numeri degli acquirenti e 50 grammi di cocaina a settimana e io dovevo portargli 3600 euro… un mese ha go deciso di uscirmene… dopo 15 giorni Randazzo e Vallecchia mi hanno invitato a casa di Biancucci nella zona Noce”.
È qui che Lo Iacono avrebbe subito un pestaggio. Non era una casa qualunque, ma l’abitazione di un detenuto agli arresti domiciliari: “… mi hanno picchiato selvaggiamente e mi hanno minacciato di morte… sanguinavo, perdevo i sensi… so che sotto casa si è appostato un ragazzo rimasto lì a stazionare con fare intimidatorio, ho notato al Policlinico la presenza di Randazzo che mi ha mimato il taglio della gola”.