CATANIA – Conferma della custodia cautelare in carcere ma riqualificazione dell’accusa da tentato omicidio a lesioni aggravate. Così si è espresso il tribunale del Riesame di Catania, presieduto da Gabriella Larato, sulle istanze presentate dagli avvocati Enzo Iofrida e Maria Elisa Ventura per Salvatore Nicotra, più noto con il nome di “Turi da Macchia”, Antonino Nicotra, Isidoro e Domenico Musumeci. I quattro indagati sono stati raggiunti lo scorso 22 marzo da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per tentato omicidio, sequestro di persona e furto con strappo. Dopo aver rapito il 40enne in pieno giorno, nella centralissima piazza Arcoleo a Giarre, lo avrebbero condotto in campagna, pestandolo a sangue e riducendolo in fin di vita. Una spedizione punitiva organizzata da Salvatore Nicotra, ritenuto dagli inquirenti ai vertici del clan Laudani nell’area ionica e coinvolto nella maxi inchiesta I Vicerè, per punire l’uomo del furto di soldi da un distributore automatico di vivande collocato nella stazione di carburante di proprietà della famiglia Nicotra.
La vittima, colpita ripetutamente al capo, all’addome ed al torace, anche con un corpo contundente, avrebbe riportato lesioni gravissime, tra cui un trauma al torace, con lesione ad un polmone e frattura delle costole. Ferite gravissime che lo avrebbero costretto a rimanere a lungo ricoverato in ospedale in prognosi riservata. “Scava una fossa per seppellirlo”, così, secondo il racconto della vittima, avrebbe detto Salvatore Nicotra ai tre esecutori materiali, ma il figlio avrebbe bloccato il proposito omicidiario del padre poiché in molti avevano assistito al rapimento dell’uomo. “Papà già lo abbiamo rotto tutto…”, avrebbe risposto Antonino Nicotra.