CATANIA. Al termine della sua requisitoria, davanti ai giudici della Corte di Assise di Appello di Catania, il sostituto procuratore generale Rosa Miriam Cantone ha chiesto la conferma della condanna in primo grado a 21 anni di reclusione per lo psicologo Michele Privitera, accusato dell’omicidio volontario del proprio paziente, il 23enne Salvatore Zappalá. Una morte avvenuta nel gennaio del 2008 durante una battuta di caccia all’interno di un fondo agricolo di Paternò. Per l’accusa, che ha ricostruito in aula i tragici fatti, non ci sarebbero dubbi sulle responsabilità dell’imputato. Non si sarebbe trattato di suicidio, come raccontato dallo psicologo, ma di un delitto efferato e grave, tale da non lasciare alcuno spazio per la concessione delle attenuanti generiche. Un omicidio maturato, sempre secondo l’accusa, all’interno di un rapporto ritenuto anomalo tra l’imputato e la vittima. Un’anomalia riscontrata dalla perizia, disposta dalla Corte d’Assise, dalla quale sarebbe emerso che la condotta dello psicologo Michele Privitera sarebbe stata caratterizzata dal mancato rispetto di ogni elementare norma deontologica e comunque non in linea con il trattamento terapeutico.
Prima della requisitoria la Corte si è pronunciata sull’istanza di acquisizione documentale, presentata nella scorsa udienza in via preliminare dal legale della difesa Enrico Trantino. Quest’ultimo, contestando la simulazione dell’azione di sparo, che aveva ritenuto inverosimile l’accidentalità, aveva chiesto di produrre un fascicolo fotografico dal quale invece si evincerebbe la plausibilità dell’ipotesi. La Corte però ha respinto la richiesta.
Nella prossima udienza previste le arringhe di parte civile, con i legali Enzo Mellia, Delfino Siracusano, Giuseppe Lo Faro, Micaela Menzella, Grazia D’Urso e Gaetano Trovato. Nel procedimento si sono costituiti i genitori, la sorella, la nonna e la zia della vittima. Un’ultima udienza sarà poi riservata alle discussioni della difesa, con gli avvocati Enzo ed Enrico Trantino.
L’INCHIESTA. È il 2 gennaio del 2008 quando una battuta di caccia nelle campagne di Paternò si trasforma in tragedia. A chiedere l’intervento dei carabinieri è lo psicologo Michele Privitera. L’uomo racconta che il proprio paziente, il 23enne Salvatore Zappalà, in cura per una depressione, gli avrebbe sottratto il fucile e si sarebbe suicidato. Privitera racconta che la vittima, dopo avergli strappato il fucile dalle braccia, era corso in mezzo agli alberi e si era sparato. Una versione che non convince gli investigatori. Anche quella successiva, secondo cui il 23enne si era sparato davanti ai suoi occhi, non trova conferma nella ricostruzione degli investigatori. Lo psicologo viene accusato di omicidio volontario.