«Potranno toglierci tutto… Ma non la libertà!». La frase è volutamente «rubata» al cinema, come rubati – stavolta senza virgolette – sono stati i miei tre mezzi in tre mesi: una Vespa, una moto e una macchina. La prima sparita in pieno giorno da una delle vie principali della città, la seconda presa da dentro il cancello di casa e la terza portata via mentre era parcheggiata davanti all’ufficio. Tre furti in pieno centro, tutti in luoghi che frequento abitualmente, che potrebbero essere accostati a tanti altri fatti illeciti che hanno riguardato amici e conoscenti. E che sottolineano un degrado della città e uno stato di povertà ormai estremo.
Mi chiamo Carmelo, sono nato e cresciuto a Catania e, finita l’università, sono andato a lavorare a Milano. Tre anni fa ho deciso di abbandonare la certezza di un posto a tempo indeterminato, e di ritornare a Catania per investire nella mia terra. Ero e sono mosso da un indubbio, ma a volte inspiegabile, amore per la Sicilia. In tre anni di sacrifici e investimenti, nottate intere a lavorare, ho creato conoscenze e rapporti professionali che spesso si sono trasformati in belle amicizie. Quello che si chiama «fare network», con l’obiettivo di sviluppare idee e progetti nel nostro territorio.
Ritornare a Catania ha avuto sicuramente il suo effetto. Ho visto la disorganizzazione della vita pubblica, le prospettive «ristrette» per le persone, il relativo rispetto delle regole. Non vorrei fare demagogia – anche perché la realtà la conoscevo già da prima – ma al mio ritorno ho trovato una situazione generale veramente peggiorata.
Potrei continuare all’infinito a lamentarmi di quello che qui non funziona, di cosa potrebbe andare meglio e di come noi siciliani non ci accorgiamo delle occasioni che perdiamo e di quanto in basso stiamo andando. Potrei insultare coloro i quali mi hanno rubato tutti i mezzi che avevo, forse per ricavarci qualche spicciolo. Un accanimento probabilmente casuale, ma che non può non preoccuparmi: da imprenditore e da cittadino.
Mi rivolgo quindi alle Autorità, a chi è responsabile della sicurezza nella Città e a chi, invece, è responsabile della cosa pubblica di Catania. Perché come in una squadra, o in una azienda, la «colpa» può essere di tanti – dei giocatori, del preparatore, dell’operaio o del manager – ma la «responsabilità» è sempre e solo di una persona – di chi guida, di chi allena, di chi amministra.
Mi rivolgo al Questore per chiedere come stiamo contrastando questa illegalità diffusa, cosa stiamo facendo per migliorare la sicurezza nelle strade o come stiamo rispondendo a questo degrado. Soprattutto, però, mi rivolgo al Sindaco e alla politica che, più di ogni altro, possono intervenire per migliorare, o almeno per tentare di farlo, il futuro di questa città.
Cosa stiamo facendo per assicurare un futuro legale a tutti quei giovani che delinquono? Come stiamo lavorando nell’ottica di creare sviluppo per questo territorio e per creare occasioni di crescita e di lavoro leciti? Come vogliamo spendere le risorse della Città metropolitana destinate all’inclusione sociale?
Io ho 35 anni e ho deciso di ritornare e di vivere in Sicilia. Voglio che i miei figli, domani, abbiano la possibilità di fare la scelta che io e molti altri abbiamo fatto. Perché vogliamo con fermezza che il nostro futuro rimanga qui.