Traffico di droga tra Catania e Reggio Calabria |In manette i componenti del Clan Nicotra - Live Sicilia

Traffico di droga tra Catania e Reggio Calabria |In manette i componenti del Clan Nicotra

Interrotto un florido traffico di cocaina tra Reggio Calabria e Catania. I carabinieri hanno arrestato otto persone ritenute dagli inquirenti appartenenti alla famiglia Nicotra di Misterbianco. L'operazione denominata Tuppi è coordinata dalla Dda di Catania guidata da Giovanni Salvi.

TRA BELPASSO E MISTERBIANCO
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CATANIA  – “Gli scappati” sono tornati a Misterbianco e in pochi anni hanno preso in mano il controllo del traffico di droga, ricostruendo una leadership andata persa nella cruenta faida di mafia che portò all’uccisione nel 1989 di Mario Nicotra, meglio conosciuto come ‘Mariu u Tuppu”, per volontà di Giuseppe Nicotra, “U Malpassotu”. I carabinieri hanno azzerato un gruppo criminale di trafficanti di cocaina con al vertice il fratello di Mario, Gaetano Nicotra, 62 anni, con i nipoti Gaetano e Antonio, rispettivamente di 34 e 47 anni con funzioni organizzative. Il braccio operativo era costituito, invece, da  Giuseppe Avellino, Antonino Rivilli, Daniele Musarra, titolare di una rivendita di auto usate a Belpasso, Sapuppo Giovanni  e Daniele Distefano. Tutti e otto sono detenuti nel carcere di Piazza Lanza con l’accusa di traffico di droga.

IL TRAFFICO DI DROGA –  I carabinieri di Catania sono riusciti a ricostruire la scalata della famiglia attraverso un’indagine che permette anche di documentare un fiorente traffico di droga tra la provincia di Reggio Calabria e l’hinterland etneo. Il canale di approvvigionamento della droga era Marina di Gioiosa Marea: i fornitori erano la famiglia dei Bevilacqua con cui avevano interlacciato, come emerge dai riscontri investigativi, un vero e proprio business. Ogni mese, puntualmente, arrivava il carico di due chili di cocaina che serviva per rifornire le piazze di spaccio del comprensorio tra Misterbianco e Belpasso. Ulteriore prova di questo sodalizio criminale è il fermo a Messina da parte dei carabinieri, il 14 giugno del 2011, di due vetture con quattro calabresi che stavano trasportando cocaina destinata proprio ai Nicotra di Misterbianco.

LA SCALATA DOPO LA FUGA – Il gruppo criminale di Mario Nicotra ha radici nel centro catanese prima di quello della cosca mafiosa di Giuseppe Pulvirenti. In un primo momento le due famiglie convivono in un clima di tolleranza, ma il Malpassotu vuole la supremazia anche perché gli interessi criminali in gioco hanno volumi d’affari enormi e decide quindi l’estromissione dei Nicotra dal controllo sulla città. La faida, come raccontano anche molti collaboratori di giustizia, è di quelle dure e sanguinarie. I Nicotra vengono decimati e i superstiti scappano per rifugiarsi in Emilia Romagna e in Toscana. Erano gli anni ’90, dopo 20 anni Gaetano Nicotra, il 14 dicembre 2010, ritorna a Misterbianco . Approfittando dei nuovi assetti organizzativi e strutturali della criminaità organizzata etnea, gli “Scappati” (così erano conosciuti i Nicotra tra gli ambienti criminali) riprendono controllo e potere sul territorio, gestendo tutte le attività illecite più importanti tra le quali il traffico di droga.

IL QUARTIER GENERALE – Base logistica del gruppo è fissata nello storico Bar Roma di Misterbianco, meglio conosciuto dai residenti del quartiere  “a Pugghia” come bar Stadio. Nel locale avvenivano gli incontri per pianificare, definire strategie, distribuire compiti e prendere decisioni: una vera base operativa da cui partivano tutti gli ordini. Fondamentale, infatti, per la conclusione dell’operazione il contributo delle immagini riprese da una telecamera nascosta installata nelle vicinanze del bar che hadocumentato con grande dovizia di particolare il ruolo centrale del Bar Roma. I presunti trafficanti si incontravano quotidianamente nel locale come fosse un luogo di “lavoro” tanto che quando si davano appuntamento – emerge da diverse intercettazioni –  dicevano “ci vediamo in ufficio” oppure “sono in ufficio”.

LE INTERCETTAZIONI – I carabinieri hanno dovuto operare in un ambiente difficile e radicalmente omertoso, per questo cruciali per l’esito delle indagini sono state le analisi scrupolose delle conversazioni telefoniche e ambientali, oltre a quelle video e tradizionali. I militari hanno dovuto fare un lavoro di decodificazione del linguaggio in quanto le comunicazioni avvenivano attraverso un preciso codice. Gli indagati, nelle conversazioni con i membri della famiglia calabrese dei Bevilacqua, utilizzavano sempre un linguaggio  criptico parlando di numero di cavalli per intendere il quantitativo di droga (chili di cocaina) e delle relative caratteristiche (duro di bocca, buono per passeggiare, duro nelle redini, vincente) per fornire indicazioni sulla qualità della cocaina.

SEQUESTRO – I carabinieri, nell’ambito dell’inchiesta denominata Tuppi (da soprannome del boss defunto  Mario U Tuppu) coordinata dalla Dda di Catania,  hanno anche effettuato delle perquisizioni domiciliari nelle abitazioni degli indagati. Questa attività ha portato al sequestro di diversi documenti utili a fini investigativi oltre ad una somma in contanti di 8 mila euro.

 


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