Catania- “Eravamo impressionati per quanto accadeva in laboratorio. Spesso eravamo preoccupati e ci rifiutavamo di entrare a lavorare”. E’ la testimonianza resa da Fabio Leone, dipendente del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche. Il tecnico, addetto allo smaltimento e allo stoccaggio dei rifiuti di laboratorio nel plesso dell’edificio 2 della Cittadella, ha deposto al processo per disastro ambientale e discarica illecita di rifiuti nel laboratorio del plesso universitario. Agli atti delle indagini preliminari c’è il verbale dell’interrogatorio reso anni fa proprio da Leone e riletto durante la deposizione. “Mi è stato riferito da alcuni colleghi- vi si legge- che, quando abbiamo fatto i lavori, la terra intorno al laboratorio era maleodorante”. Ma Leone si era spinto anche oltre: “Abbiamo notato- aveva dichiarato in quell’occasione- cumuli di liquami maleodoranti. Non furono rimossi, ma ricoperti di cemento”. Meno nette le dichiarazioni di oggi, spesso segnate da discrepanze con quelle messe a verbale. “Ho visto lo sbancamento- spiega ora- ma non so dire se si fosse trattato di materiale tossico”.
Fabio Leone è uno degli ultimi testimoni citati per la fase istruttoria dal Pm Lucio Setola. Obiettivo: provare lo stato di inquinamento ambientale dei locali della Cittadella che ospitano il laboratorio del Dipartimento, presunta causa della contaminazione dell’aria e della terra circostanti. E’ in questo scenario che, secondo la pubblica accusa, sarebbero maturate le decine di morti per patologie tumorali registratesi negli ultimi anni tra gli studenti e i lavoratori del plesso universitario. A cominciare da quella di Emanuele Patanè, giovane ricercatore del Dipartimento deceduto nel 2008, il cui memoriale ha dato il via alle indagini su denuncia dei familiari. Alla sbarra ci sono otto persone: Giuseppe Ronsisvalle, preside della Facoltà di Farmacia, l’ex direttore amministrativo dell’Ateneo Antonino Domina, Lucio Mannino, dirigente dell’ufficio tecnico, e cinque membri della commissione di sicurezza. Si tratta di FrancoVittorio, Giovanni Puglisi, Fulvio La Pergola, Francesco Paolo Bonina e Marcello Bellia.
A sfilare dinanzi alla terza sezione presieduta dal giudice, Ignazia Barbarino, anche l’ex contrattista di ricerca Manuela Liotta e Carla Gennaro, ex studentessa costituitasi parte civile. La Liotta è stata in forze al Dipartimento tra il 1997 e il 2006. Attiva presso la cattedra di Francesco Paolo Bonina, uno dei docenti imputati, ha riconosciuto l’impegno del professore quale membro della commissione di sicurezza, ma senza nascondere i problemi: “Bonina si è occupato del problema ‘puzza’- ha detto riferendosi ai fastidi alle vie respiratorie denunciati dagli utenti del Dipartimento- Ma una volta dovette mandarci a casa, credo nel dubbio e per evitare problemi”. Riscontri analoghi sono venuti dalla deposizione della parte civile, l’ex studentessa Carla Gennaro: “I reflui degli esperimenti- ha ricordato- eravamo abituati a versarli nei lavandini. Solo con la gestione di Franco Vittorio cominciammo ad usare i regolari contenitori”. Una deposizione lunga e piena di particolari, quella della Gennaro, anche in riferimento a circostanze riguardanti il padre, il funzionario tecnico Giovanni Gennaro: “Mio padre- ha dichiarato- fu dirottato quindici anni fa dai vertici del Dipartimento in una stanza dove c’era la risonanza magnetica e dove era pericoloso stare a causa delle radiazioni”. Ma anche in questa deposizione molte risposte sui particolari già raccontati ai Pm sono venute meno. “E’ passato molto tempo, non ricordo” ha più volte ripetuto la Gennaro all’incalzare del controesame dei difensori. Il processo continuerà a gennaio, quando la pubblica accusa chiamerà a deporre gli ultimi sei testi. Poi sarà la volta delle parti civili, rappresentate da Santi Terranova, l’avvocato di Lentini esperto di reati ambientali. La parola tornerà alle parti per la discussione entro primavera.