Ancora una volta, la splendida cavalcata della nostra Nazionale ha riempito le nostre piazze e i nostri balconi di quelle bandiere tricolori che noi italiani siamo soliti tirar fuori solo in queste circostanze. E questa, purtroppo, non è una novità. Alla vigilia di una finale europea che neppure il più ottimista degli italiani avrebbe osato sperare di raggiungere in modo così meritato, vorrei provare a volgere altrove il mio sguardo ancora ebbro di un’emozione antica e sempre nuova per fare alcune considerazioni sulle vere novità di questo Campionato Europeo.
La prima novità, se così si può dire, è che il calcio è sempre più uno sport per atleti che sanno tirar calci e sempre meno uno sport per artisti del pallone. Calciatori che nei decenni scorsi avrebbero visto gli Europei o i Mondiali in televisione, oggi vi partecipano a pieno titolo e da protagonisti. Per non essere accusato di partigianeria, prenderò ad esempio il caso di Federico Balzaretti, giocatore che adoro per la serietà, l’impegno e, naturalmente, per il fatto di essere palermitano di maglia e di cuore. Ebbene, se vogliamo riferirci al ruolo di terzino sinistro (pardon, esterno basso di difesa) i confronti vanno fatti con gente come Giacinto Facchetti, che vinse l’unico (speriamo per poco) titolo europeo dell’Italia, Antonio Cabrini o Paolo Maldini.
Le due mezze-punte, Cassano e Diamanti, rappresentano l’edizione odierna del Mazzola-Rivera di Messico 70 o di Totti-Del Piero di Germania 2006. E dove sono più i Cannavaro, i Baresi, gli Scirea, i Conti, i Baggio o gli Antognoni ? Ed è per questo che quando, in questo calcio dei muscoli e della corsa, resiste un sopravvissuto come Andrea Pirlo, inteso come individuo dotato di classe, tecnica di base e intelligenza tattica applicata alla gestione di un pallone, fa la figura del marziano. Sono felicissimo e orgoglioso della nostra Nazionale che finalmente impone il suo gioco agli inventori del calcio o a chi, riferendosi a noi, ha sempre evocato pizza, mandolino e catenaccio. Ma bisogna prendere atto del fatto che nel calcio di oggi gli artisti sono una specie in via di estinzione. E non solo in Italia.
La seconda novità è l’esplosione del pulcino nero Mario Calimero Balotelli, ragazzo dotato di doti fisiche straordinarie ma di un carattere, per così dire, difficile. Sinora Super Mario si era sempre segnalato per il comportamento non proprio irreprensibile in campo e fuori tra scorrettezze indecorose, macchine sfasciate, colpi di pistola in pieno centro e collezioni di veline in cerca di ritorno mediatico. Insopportabile quella boria, quel suo giocare come se ci facesse una cortesia, quel “malo-carattere” tutto palermitano che, solo pochi giorni fa, era riuscito a tramutare un sorriso di gioia dopo un gol importante in un insulto rivolto chissà a chi e ricacciato in gola dalla mano premurosa di un compagno. Finalmente abbiamo visto Super Mario sorridente nell’agitare la maglia azzurra come un qualsiasi ragazzo italiano di 22 anni chiamato a giocare per il proprio Paese. Quello stesso Paese, culla del Diritto, nel quale leggi anacronistiche impedirono a lui, nato a Palermo e cresciuto a Brescia, di diventare cittadino italiano prima dell’età di 18 anni.
Quello stesso Paese in cui alcuni idioti con una sciarpa al collo gli lanciavano banane o gridavano al suo indirizzo l’odioso “Non esistono negri italiani”. Sono certo che molti di quegli idioti ieri sono saltati di gioia e sono scesi in strada sventolando il bandierone alle prodezze del “negro italiano”. Io credo che Balotelli, espressione massima di quell’Italia multietnica di cui abbiamo contezza assistendo all’uscita dei bambini da una qualsiasi scuola elementare, abbia una grande responsabilità. Posso solo immaginare le ragioni della sua rabbia e comprendere la sua idiosincrasia per il sorriso. Ma spero che lui capisca che le sue imprese sportive possono scardinare una difesa ben più arcigna di quella tedesca: quella della ritrosia all’integrazione tra gli italiani.
Deve capire, il rabbioso Super Mario, che la sua storia a lieto fine può dare speranza alle migliaia di ragazzini italiani neri, gialli o misti che ancor oggi nei campetti e nelle scuole sono costretti a subire ciò che lui ha subito in passato. Che anche grazie a lui i politici, sempre pronti a salire sul carro dei vincitori, possono finalmente affrontare la riforma della legge sul diritto di cittadinanza. Perché non si può pensare che esistono “negri italiani” solo quando uno di loro segna una doppietta ai panzer della Merkel che peraltro schierano un turco, un ghanese e un tunisino. Mario Calimero Balotelli ha una grande occasione per segnare gol ben più importanti di quelli di Varsavia. La sfrutti con la gioia di un sorriso, non la disperda dietro la rabbia del suo grugno.