Andate a casa, tutti. Voi della maggioranza e voi dell’opposizione. Nominiamo Topo Gigio proconsole. E non se ne parli più. Sì, certo, è un messaggio chiaramente qualunquista, da bar dello sport. Chiunque potrebbe scrivere: “Andate a casa” sui muri delle stazioni, con lo spray. Non ci vuole la laurea, né il tirocinio giornalistico. Ma arriva il momento in cui perfino un giornalista diventa chiunque, con la rabbia e il rancore di chiunque, con l’indignazione. Perciò si scrivono le frasi gonfie di polemica che potrebbe scrivere chiunque.
Ora me ne viene in mente una particolarmente qualunquistica. Il tempo di organizzarla. Eccola: non è possibile non provare sdegno per la peggiore classe politica siciliana di tutti i tempi. Lo disse Totò Cintola, quasi in tempo di morte. Lui non era un santo, però aveva ragione. I politici siciliani, nel tempo, hanno conosciuto un’imbarazzante evoluzione al contrario. Ce ne sono stati, nel passato lontano e recente, di furfantissimi, di biechi, di sporchi. Tuttavia, questi che governano la scena sono impresentabili, perché non hanno una minima nozione culturale del loro mestiere. E quando i più esperti tra loro tentano di farlo – di fare politica cioè -, si attorcigliano, provocano tali sconquassi da suscitare un’accorata supplica: onorevole, stia fermo dov’è!
Il catalogo è questo. Un presidente che non governa. Infatti, quando comincia a millantare le riforme “miracolose” del suo governo si ferma sempre alla Sanità. E sulla riforma della Sanità ci sarebbe da discutere, perché ci sono medici bravi che pensano che sia una pessima cosa. Un Pd che ha snaturato i suoi valori profondi per tenere il bordone a un esecutivo che naviga a vista. Un’opposizione che ha governato assai male nel tempo che fu. Dunque, non è affatto credibile nel suo stracciarsi le vesti. Quando comandava, ha applicato le stesse regole spartitorie che adesso contesta per puro appetito.
Sullo sfondo, un’acerrima lotta per il potere, in cui il destino della Sicilia è una variabile insignificante. Una preoccupazione minima che non riesce a increspare la fronte dei nostri padroni nemmeno con una ruga. E la colpa è nostra. Noi li abbiamo votati. Noi ce li teniamo. Più del senso di colpa, spira forte il vento del disgusto per le nostre istituzioni spente, per un governo immobile, per un’Ars paralizzata. Andate a casa, è l’invocazione. Tanto – si sa – non ci andrete lo stesso. Ma ci fa bene urlare la nostra invettiva. Siamo ancora uomini liberi, almeno a parole.