Potrebbe essere una “famigliedda” – di quelle descritte a ripetizione dal pentito Maurizio Di Gati – l’ancora favarese del boss Gerlandino Messina. In carcere c’è solo uno dei suoi fiancheggiatori, probabilmente il più giovane, Calogero Bellavia, 21 anni, incensurato. Era di proprietà del nonno della fidanzata di Bellavia, la palazzina abusiva dove, chissà da quanto, Gerlandino latitava. Bellavia, secondo gli inquirenti, è troppo giovane per avere agito da solo e di libera iniziativa. Gli indiziati, insieme a lui, al momento sono in quattro e ruoterebbero intorno alle figure del ragazzo e della giovanissima fidanzata. I tre, non ancora in stato di fermo, sono stati denunciati all’autorità giudiziaria. Da indiscrezioni investigative, trapela che, non essendo questi colti in flagranza di reato e non essendoci, sempre per questi soggetti, il pericolo di fuga, non sono stati ancora ammanettati. Alla claque “pro Gerlandino” i carabinieri del reparto operativo di Agrigento, agli ordini del maggiore Salvo Leotta, sono arrivati grazie a un’informativa dei servizi segreti.
Ma cosa sono queste “famigliedde” favaresi? Di Gati ne parlò come di una caratteristica di numerosi nuclei familiari di Favara. Gente incensurata o accusata di piccoli crimini, non propriamente interna a Cosa Nostra, ma a disposizione di questa. Le famigliedde, per la consorteria, sono disposte alla manovalanza, anche a quella ad alto rischio, purchè non pensino di ambire ad alcuna gerarchia di Cosa nostra, manco alla “pungiuta” stessa.
In cambio le famigliedde ottengono protezione, “rispettabilità”, ma anche qualche provente del racket, qualora si trovassero in stato di bisogno. Un’organizzazione che fa pensare alla mafia di una volta, caratteristica che a Favara è presente come da nessuna altra parte in Sicilia. Una coesione di intenti, che avrebbe trovato supporto anche nell’omertà popolare.
Perchè a Favara, quando il boss è uscito incappucciato, i tanti curiosi non hanno applaudito? E così anche a Porto Empedocle e ad Agrigento alla notizia dell’arresto?
Domande la cui risposta si ammanta di retorica, ma che trovano uno sfogo tra i volti dei familiari di Gerlandino Messina. Loro, sì, che a testa alta, fuori dalla sede del reparto operativo dei carabinieri, a Villaseta, alla vista del congiunto, non esitano nei battimani, nell’inviare baci e nell’urlare: “Ti vogliamo bene”.
La famiglia Messina – e non è mai stato un mistero – si è sempre schierata pubblicamente dalla parte del superlatitante. La madre, Antonina, pochi mesi addietro, si è opposta con tutte le forze al test del Dna, che doveva essere determinante per sciogliere il mistero di un altro covo, trovato sempre a Favara, ma un anno fa. Gerlandino, sempre secondo le indiscrezioni investigative, nel corso della latitanza avrebbe incontrato la moglie Donatella, madre del suo unico figlio, Giuseppe, dodici anni.
Gerlandino Messina adesso si trova al Petrusa di Agrigento, in attesa di un trasferimento in un carcere di massima sicurezza. Aspetta un colloquio con il suo legale, l’avvocato Salvatore Pennica. Quando lo hanno preso, uno dei carabinieri gli ha urlato: “Tu hai ammazzato Guazzelli”.
Gerlandino ha risposto solo con uno sguardo spaesato, senza replicare. All’epoca era giovanissimo, ventenne e si mise a disposizione del pericolossimo gruppo di fuoco, con in testa l’adesso collaboratore Alfonso Falzone, per custodire le armi del delitto
Della notizia dell’arresto è stata subito avvisata la moglie del maresciallo, “il mastino”. La vedova Guazzelli, come fanno sapere gli inquirenti, ha reagito con la sua solita delicatezza. Con lei chissà in quanti aspettavano da anni questo momento.
Aggiornamento. La Procura di Palermo trasmetterà nel pomeriggio al ministro della Giustizia Angelino Alfano la richiesta di applicazione del carcere duro per il boss agrigentino Gerlandino Messina, arrestato sabato scorso dai carabinieri. Il procuratore di Palermo e il sostituto Rita Fulantelli, che hanno coordinato le indagini che hanno portato alla cattura del capomafia, hanno predisposto il fascicolo da inviare in via Arenula.