Cosa nostra, cellula di Picanello: il verdetto della Cassazione - Live Sicilia

Cosa nostra, cellula di Picanello: il verdetto della Cassazione

Ultimo capitolo del processo Orfeo. Oggi è tornato in carcere uno degli imputati per espiare il residuo pena.
CLAN SANTAPAOLA
di
2 min di lettura

CATANIA – Arriva la sentenza della Cassazione per gli imputati del processo, stralcio abbreviato, frutto dell’inchiesta Orfeo che nel 2017 ha decapitato la cellula di Cosa nostra di Picanello. Una delle squadre storiche della ‘famiglia’ Santapaola-Ercolano: non dimentichiamo che qui ha costruito la sua roccaforte l’uomo d’onore Carletto Campanella. I carabinieri, attraverso una rete di microspie, sono riuscita a documentare equilibri e nuovi assetti del gruppo mafioso dal 2013 all’esecuzione del blitz. Lo scettro del comando è passato da Lorenzo Pavone, finito in manette nella maxi retata Fiori Bianchi, a Giovanni Comis, vecchia guardia di Cosa nostra catanese. Una mafia quella di Picanello dove si ‘conservano’ i riti degli anni 90, con la consegna agli affiliati delle uova pasquali. La ‘regia criminale’ di Comis non sarebbe stata molto gradita dai sodali, il pentito Antonio D’Arrigo – imputato nel processo – ha raccontato addirittura di un progetto di attentato nei confronti del boss. Però mai realizzato.

Oggi i Catturandi della Squadra Mobile hanno arrestato uno degli imputati che nel corso dei tre gradi di giudizio era tornato in libertà. Enzo Zuccaro è tornato dietro le sbarre per espiare la pena residua di un anno e tre mesi. La Procura Generale ha emesso l’ordine di carcerazione come effetto della sentenza della Suprema Corte.

La Cassazione ha rinviato a nuovo giudizio per alcuni punti tecnico-giuridici in relazione al  calcolo del trattamento sanzionatorio nei confronti di Giovanni Comis, il collaboratore Antonio  D’Arrigo e Roberto Illuminato. Quindi si dovranno rideterminare, ma di poco, le pene per i tre.  Per il resto i ricorsi sono stati rigettati dai giudici ermellini, che hanno respinto anche quelli presentati nei confronti di Lucio Sentina e Corrado Santonocito. Dichiarate invece inammissibili le impugnazioni di Lorenzo Pavone, Agatino Viola, Michele Panebianco, Antonino Alecci, Simone Spampinato, Antonino Giovanni Tosto, Vincenzo Zuccaro e Carmelo Maimone. 

Ecco le pene che erano state comminate dalla Corte d’Appello lo scorso anno. Roberto Illuminato, 2 anni e 8 mesi di reclusione (riconosciuta la continuazione), Antonio Alecci, 15 anni e 2 mesi (riconosciuta la continuazione, ma è già libero per pena espiata), Giovanni Comis, 5 anni e 4 mesi (in continuazione), il collaboratore Antonio D’Arrigo, 4 anni, Carmelo Maimone, 15 anni e 8 mesi (riconosciuta la continuazione con altra sentenza), Lorenzo Pavone, 12 anni e 6 mesi (riconosciute le attenuanti), Michele Panebianco, 4 anni (riconosciute attenuanti), Corrado Santonocito, 6 anni e 8 mesi, Domenico Fabio Scalia, 4 anni, Lucio Sentina, 4 anni e 8 mesi (riconosciute le attenuanti), Simone Spampinato, 6 anni e 8 mesi, Antonio Giovanni Tosto, 6 anni e 8 mesi, Agatino Viola, 2 anni e 8 mesi, Vincenzo Zuccaro, 4 anni e 8 mesi.

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