Sarà una settimana lunga e forse cruciale questa per Raffaele Lombardo e per il suo governo. Preceduta dalle fibrillazioni degli ultimi giorni che hanno agitato al loro interno i due principali partiti di maggioranza e opposizione, Pdl e Pd. Oggi pomeriggio approderanno nell’Aula di Sala d’Ercole il rendiconto,. L’assestamento di bilancio e il Dpef. Mercoledì toccherà alla discussione su rifitui e caso Armao e lì potrebbe arrivare il voto sulla mozione di censura, per la verità ancora non presentata, contro l’assessore alla Presidenza. Si tratta di passaggi delicatissimi che saranno i primi banchi di prova per Lombardo e la sua giunta all’indomani dell’ufficializzazione della spaccatura interna al Pdl, con la nascita del gruppo “ribelle” del Pdl Sicilia, che fa capo a Gianfranco Miccichè con l’apporto dei finiani e della pattuglia di Dore Misuraca.
Allo stato dell’arte, il governo Lombardo può contare per certo solo su trenta deputati regionali su novanta, equamente distribuiti tra Mpa e Pdl Sicilia. Almeno formalmente c’è un’altra forza di maggioranza, il Pdl “lealista”, che mantiene i suoi due assessori in giunta (Beninati e Milone) ma che da un pezzo all’Ars e fuori si comporta da opposizione nei confronti di Lombardo. Il co-coordinatore Giuseppe Castiglione ha già attaccato senza mezzi termini Armao. E con l’impallinamento dell’assessore, l’Udc, che a Lombardo l’ha giurata, conta di rinsaldare l’asse con l’ala Alfano-Schifani dei berluscones, per scompaginare il quadro politico e rientrare nel governo da cui Lombardo alla fine dell’anno scorso l’ha cacciata via. Tanto che ormai Lombardo parla apertamente di “spaccare tutto” in nome dell’autonomia, scompaginare destra e sinistra e creare “nuove maggioranze”.
Con chi? In Aula già da oggi ci sarà da capire anche cosa succederà all’interno del Pd all’indomani dell’elezione di Giuseppe Lupo. I seguaci di Beppe Lumia hanno abbandonato l’assemblea che ha eletto il nuovo segretario, e Antonello Cracolici ha detto a chiare lettere di non avere intenzione di rimettere il mandato di capogruppo all’Ars per dar seguito allo spoils system dettato dai nuovi equilibri interni al partito. Malgrado gli inviti all’unità del partito, un Frankenstein in casa Pd che ricalchi le mosse del Pdl Sicilia, insomma il Pd Sicilia di cui pochi giorni fa avevamo parlato come ipotesi di fantapolitica, sembra oggi qualcosa di più di una chimera.
La squadra di deputati regionali vicina a Lumia potrebbe contare su almeno una decina di uomini. Pronti, evidentemente, a sfidare il partito nazionale e il rischio di espulsione, considerato che in casa Pd di norma si è meno tolleranti sulle intemperanze locali di quanto non accada dalle parti dei berlusconiani. Ma anche con la stampella, tutt’altro che sicura (ieri Lumia continuava a dire di non voler essere subalterno a Lombardo o Cuffaro), di una pattuglia di democratici, mancherebbero ancora numeri al pallottoliere di Lombardo. A cui non resterebbe che tentare una campagna acquisti dalle parti dell’Udc.
L’impresa non è impossibile, ma certo nemmeno semplice. E se Miccichè e Lombardo si renderanno conto dell’impraticabilità del percorso, dato per scontato che all’Ars non c’è nessuno che abbia voglia di mollare la poltrona per tornare a votare, resterà solo una strada: quella della pace, o almeno di un armistizio, con i berluscones di Alfano e Schifani. Una pace che, tutti lo sanno dentro e fuori il Pdl, solo una persona può garantire. La stessa persona dalla cui scrivania sono passate, con buona pace degli afflati autonomisti del sudismo militante, tutte le decisioni cruciali sulla politica sicliane negli ultimi due anni. Quella persona è Silvio Berlusconi. Prima o poi gli toccherà mettere da parte i dossier su giustizia e processi sgraditi e trovare dieci minuti per mettere ordine nel caos in cui versa il suo partito in Sicilia. Quella stessa Sicilia che alle recenti Europee gli ha riservato i peggiori dolori.