La notte dello spoglio sarà ancora lunga, ma mentre scriviamo (è da poco passata l’una) l’esito del voto in Sicilia sembra che possa presentare diverse sorprese rispetto alle previsioni. La bassissima affluenza alle urne nell’Isola pare avere penalizzato pesantemente il Pdl, che forse proprio in Sicilia rischia la peggiore delusione. Anzi, a conti fatti, sul non esaltante dato nazionale del partito del Cavaliere potrebbe pesare proprio la performance nell’Isola. Lo ribadiamo, siamo ancora a un quinto delle sezioni scrutinate, ma i numeri sono molto lontani da quelli prefigurati dai sondaggi. Il Pdl staziona intorno al 33-34 per cento, un voto su tre, assai meno del voto su due che un sondaggio aveva previsto in Sicilia per il partito di Berlusconi nelle scorse settimane. Il 50 per cento previsto da quel sondaggio sembra davvero un miraggio, almeno a questo punto dello spoglio. E dire che qualcuno aveva ribattezzato questa tornata elettorale come una sorta di ‘primarie’ del Pdl siciliano, con le due fazioni (quella di Miccichè e quella di Alfano e Schifani) opposte in una sfida all’ultimo voto. Una lotta fratricida che avrà avuto un effetto traino per le truppe cammellate degli uni e degli altri, ma che potrebbe avere stufato il voto d’opinione, se davvero il risultato finale del Pdl siciliano alla fine si attesterà dalle parti del 33-34 per cento, cioè quanto raccolto alle scorse regionali, ma molto meno di quanto incassato alle Politiche di un anno fa.
Quanto a Lombardo, la missione del 4 per cento nazionale è fallita, e in Sicilia la colomba dell’Mpa vola (almeno a quest’ora) dalle parti del 16 per cento. I lombardiani, anche se sottovoce, speravano di avvicinarsi al 20. Il risultato sarebbe comunque migliore di quello dell’Udc ma non esattamente entusiasmante. Il governatore potrebbe gioire più per il risultato del Pdl – che rimarrebbe molto lontano dai sogni di autosufficienza nell’Isola e quindi ‘condannato’ alla convivenza coi difficili alleati autonomisti – che per il risultato, comunque corposo, della sua lista.
A conti fatti, però, quel sondaggio che accreditava del 75 per cento i tre partiti della (ex?) maggioranza, stando a questi dati parziali sarebbe stato alquanto azzardato. Buon per il Pd siciliano, che malgrado i problemi interni, in questa prima parte di nottata elettorale avrebbe di che stare allegro, visti anche i venti avversi che hanno spirato in Italia e in Europa. Rispetto alle scorse politiche i democratici perderebbero qualcosa ma meno di quanto il Partito non faccia a livello nazionale. Bene, ma peggio che altrove, andrebbe la lista dipietrista.
Se i risultati finali non si discosteranno troppo da quelli sui quali è dato ragionare a quest’ora (ipotesi, sia charo, che non ha fondamento statistico), il quadro sarà quello di una Sicilia in cui il centrodestra è sempre nettamente maggioranza ma senza sfondare verso le percentuali da Zimbabwe prospettate dalle previsioni pre-voto, con un’opposizione che offre segnali di tenuta, anche al di là delle più rosee aspettative. Un quadro in cui nessuno dei litiganti del centrodestra nostrano potrebbe avere i numeri per fare la voce troppo grossa con gli alleati.
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