Ma c’è o non c’è questa pantera a Palermo? Non so se c’è ancora, ma sicuramente c’è stata: era grande, reattiva, forte e vigorosa, con le idee chiare e con tanta voglia di combattere.
Addirittura è nata proprio a Palermo, la Pantera. Era un grande movimento studentesco di massa che, tra il 1989 e il 1990, riorganizzò le idee e le proposte degli studenti contro le riforme dell’istruzione che i ministri dell’Università, Ruberti, e della pubblica istruzione, Galloni, avevano deciso di promuovere per cambiare la formazione italiana, per modificare l’università e la ricerca.
Da Palermo nacque la protesta, per la precisione dalla facoltà di Lettere e Filosofia situata nello storico plesso rosa che, prima dell’ondata di cemento su Viale delle Scienze, era l’ultimo edificio della cittadella universitaria.
Successivamente il verso stridulo dell’animale selvatico si propagò in tutti gli atenei d’Italia e in moltissimi istituti superiori che, per l’effetto domino della protesta, cominciarono ad essere occupati.
Un movimento lungimirante che aveva aggiornato le parole d’ordine del sessantotto per avanzare una critica puntuale alla riorganizzazione del sistema formativo italiano che, come hanno dimostrato le pessime contro-riforme di scuola e università attuate in questi ultimi venti anni, voleva eliminare la funzione cardine della scuola pubblica a vantaggio degli istituti privati, scardinare dalle fondamenta l’università di massa per limitare l’accesso al sapere e modificare l’impianto culturale di un Paese che doveva abituarsi, sempre di più, alla precarizzazione del lavoro, alla centralità dell’impresa e alla brutale pervasività pedagogica della televisione commerciale.
Venti anni fa! Tutto quello che aveva previsto la Pantera si è realizzato e la condizione della scuola e delle università italiana è peggiorata con un abbassamento del livello medio di apprendimento, una mortificazione delle funzioni di insegnamento e con una limitazione costante alla ricerca e alla didattica.
In ultimo, è arrivata Maria Stella Gelmini che ha deciso il più grande licenziamento di massa mai visto nel nostro Paese, con migliaia d’insegnanti che quest’anno non hanno messo piede in classe, e con una nuova controriforma dell’Università che mette a rischio perfino l’apertura dell’anno accademico.
A settembre sicuramente ricominceranno le proteste degli insegnanti, che non hanno più una cattedra, dei ricercatori universitari, che non hanno più fondi, e degli studenti che vedono sempre più umiliata la funzione delle storiche istituzioni della Repubblica preposte alla formazione e all’insegnamento.
Che era bella la Pantera! Tanti giovani, senza l’ambizione di doversi candidare in qualche consiglio comunale, si agitavano per il gusto della politica, per assaporare il sapore dolce della lotta in nome di ideali condivisi e obiettivi comuni. Una pagina importante della storia della nostra città scritta da giovani e ragazze che, diventati oggi uomini e donne, non hanno ancora smesso di difendere i propri diritti e la dignità.
È stata una palestra politica e in nome della Pantera si sono ottenute conquiste che, in questi anni, sono state rimesse in discussione in nome delle presunte “riforme” della scuola e dell’università.
In quella lotta studentesca comparve per la prima volta un nuovo strumento tecnologico: il fax diventò il mezzo di comunicazione più efficace per scambiare opinioni e informazioni. La Pantera fu l’ultimo movimento di lotta precedente a mail e sms, che riuscì a coinvolgere grandi masse studentesche senza skype e facebook.
La parola, le assemblee, le riunioni, i documenti scritti con macchina da scrivere e carta carbone, i primi computer 286, la partecipazione democratica e il voto alle assemblee, unico luogo di decisione per le forme di lotta fatte di carne e sudore, senza il supporto del virtuale.
La facoltà di Lettere e Filosofia era diventata un laboratorio politico, una fabbrica di idee, un motore per riattivare partecipazione e lotta democratica, un luogo di scambio di informazioni e di elaborazione di proposte che, nel breve tempo, riuscì a contagiare la città che già aveva sentito il vento di Primavera e della giunta esacolore, esperimento di rottura di una città che riapriva gli occhi.
Tutti insieme partecipavamo alla lotta: laureandi e matricole, studenti medi e docenti universitari, bidelle (che spesso cucinavano per gli occupanti!) e presidi delle facoltà in lotta.
Dopo venti anni lo spirito di quella lotta sopravvive latente e ha contagiato qualche brandello di anima rivoluzionaria che sopravvive nella città di Palermo.
Oggi, nell’estate del 2010, qualcuno dice che per le strade della nostra città si aggiri la Pantera… magari fosse vero!
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