Il Presidente della Regione Siciliana, Crocetta, lamenta il condizionamento esercitato dai poteri forti nella sua attività di governo. Altri (Fiandaca) invocano i poteri forti come la ciambella di salvataggio che tiene in vita il governo Crocetta. E’ il momento, insomma, del richiamo ai poteri forti per spiegare fallimenti e resistenze. Ma chi sono, o potrebbero essere, questi poteri forti? Hanno cittadinanza siciliana, nazionale, estera? Autonomi o collegati ad altri poteri “più” forti? In concorrenza o in accordo tra loro? Nessuna analisi, oltre allusioni generiche, si è avventurata finora su questo terreno di per sé infido, viscido. Proviamo ad elaborare qualche considerazione in attesa che sociologi e politologi aprano la loro cassetta degli attrezzi e ci propongano qualcosa sul tema che abbia le stimmate del rigore di ricerca.
La Sicilia nella sua storia ha conosciuto poteri forti. Che ne hanno condizionato, ad esempio, il modello economico con i poli di raffinazione petrolifera insediati in aree costiere a grandi potenzialità di futuro sviluppo turistico “sole e mare”. Ma forse il potere più forte è stato quello degli Stati Uniti ai quali si deve una “militarizzazione” dell’isola, oggi coperta da un silenzio interessato che ha finito con lo spegnere mobilitazioni significative (Niscemi), per via dei pur minimali circuiti economici che la “militarizzazione” innesca oltre che delle cosidette ragioni di stato. Abbiamo riconosciuto poteri forti nella ben studiata eliminazione delle grandi banche siciliane con la complicità di politici nostrani ora in odore di “santità”. Poteri forti sono ancora da riconoscere nella logistica marittima e ferroviaria sacrificata a vantaggio di altre aree. L’esercizio di memoria per il momento si ferma qui.
Andiamo a vedere quali potrebbero essere oggi i poteri forti in Sicilia? Pensare ad una Bindelberger in salsa Trinacria (gruppo, sempre citato a proposito di poteri occulti che condizionano le decisioni degli Stati, costituito da circa 130 personalità che si riuniscono periodicamente per trattare temi globali senza dare pubblicità a relazioni o al dibattito interno e che prende il nome dall’hotel olandese Bindelberger, appunto, che ospitò il primo incontro) ci sembra francamente azzardato. Anche se un potere forte che indubbiamente esiste, Cosa Nostra, potrebbe aver creato sistemi criminali nei quali opera utilizzando addentellati preziosi a livelli decisionali che agiscono perfino a livello internazionale.
Solitamente un potere forte è rappresentato dalla finanza. Ma la struttura bancaria regionale ci appare oggi troppo “sconocchiata” per esercitare influenze di alcun tipo. Viene subito in mente la Confindustria Sicilia che da più anni occupa la gestione, a livello di Giunta Regionale, dei fondi destinati ad attività produttive. Indubbiamente molto spesso i suoi interventi, legittimati da un continuo richiamo alla legalità, sono apparsi taglienti ed impositivi anche per il rilievo acquisito sulla stampa nazionale. Ma a ben vedere, a parte alcune leggine, quello della Confindustria è un potere che si esercita soprattutto su una miriade di piccoli incarichi negli enti economici. Incarichi che, spesso, malgrado una prevalente importanza marginale, sono l’incentivo che convince piccoli imprenditori alla ricerca di visibilità ad aderire all’associazione. In genere, la stampa viene annoverata tra i poteri forti. Ma qui in Sicilia manca il “Corriere Siciliano della Sera”, i quotidiani pur seguendo linee ondeggianti e comunque generalmente benevoli nei confronti della maggioranza non si avventurano in campagne di stampa contro o a favore (con qualche eccezione negli anni passati) del Governo o dell’opposizione. La emergente comunicazione on-line appare fuori da ogni tentazione di condizionamento e tesa a rappresentare più che esercitare gradi di influenza.
Più difficile formulare sia pure un accenno sulla massoneria, continuamente invocata ma inviolabile nei suoi santuari se non da procedimenti giudiziari. Quel che è abbastanza certo è l’inesistenza di conflitto in Sicilia tra massoneria e organizzazioni cattoliche come l’Opus Dei e la Compagnia delle Opere. Forse, a ben vedere, questa sorta di incesto rappresenta, oltre il prestigio ed il perbenismo dei protagonisti, un grumo di potere forte.
C’è un potere forte trasversale – si può ipotizzare – che attraversa forze politiche e sindacali mascherato a seconda dei casi di consociazionismo, necessità per il bene della Sicilia, continuità di legislatura. Una sua rappresentazione meno nobile ma forse più influente la ritroviamo nell’alta burocrazia regionale che sopravvive, intatta nei suoi privilegi, a riforme e “rivoluzioni”. Ultima osservazione: quando si allude a poteri forti, in Sicilia, insistiamo, di difficile identificazione, occorre subito pensare non a singole strategie ma a convergenze d’affari. Per realizzare i quali occorre, a seconda dei casi, frenare, eliminare, ricattare altri gruppi. Siamo giunti forse a cogliere il nodo del problema: poteri forti sono i comitati d’affari che svolgono tranquillamente la loro attività oltre le rappresentazioni mediatiche delle decisioni di governo di cui si declamano contrapposizioni, riappacificazioni, rotture e compromessi. E dei quali i comitati d’affari, per parafrasare una celebre frase di Via col Vento, “francamente, se ne infischiano”.