Mettere su un’azienda agricola dentro la Valle dei Templi, magari con tanto di impianti di trasformazione o spazi destinati alla commercializzazione di mandorle o olio? Un affare per pochi fortunati che hanno partecipato alla “svendita” di almeno 250 dei 330 ettari di area demaniale ricadente all’interno del Parco archeologico e paesaggistico agrigentino. Spazi tutelati dall’Unesco come patrimonio dell’umanità che, nelle prossime settimane, saranno concessi a nove tra privati, imprese, associazioni o cooperative, per almeno dieci anni, al modico prezzo di 100 euro l’anno per ettaro.
Una scelta che fa gridare allo scandalo il senatore democratico Benedetto Adragna ma che viene, invece, difesa dai responsabili dell’ente sicuri della regolarità dell’operazione. Il contestato avviso pubblico risale al 13 marzo scorso. In quella data, sul sito e all’albo pretorio del Parco, oltre che al comune di Agrigento, viene pubblicato un bando per la concessione in sfruttamento a privati di 250 ettari di terreno, estensibili in caso di ulteriori espropri o assegnazioni di altre aree demaniali o di rinuncia dei vecchi concessionari.
“Alla notizia, già per sé scandalosa – spiega Adragna – si unisce la modalità con cui è stato presentato l’avviso pubblico per questa iniziativa, reso noto solo per pochi giorni, unicamente mediante affissione nella bacheca on line dell’ente”. Secondo il parlamentare del Pd “considerando le fondamentali implicazioni culturali e ambientali di questa concessione, è inaccettabile che all’avviso non sia stata data la trasparenza che deve stare alla base di qualunque attività amministrativa in materia di uso di beni pubblici”.
In più, continua Adragna, per “un’iniziativa del genere sarebbe stato necessario un bando di gara europeo oltre alla pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e su quella dell’Unione Europea”.
La risposta a queste argomentazioni arriva da Calogero Liotta, responsabile del procedimento. “Quelle del senatore Adragna sono valutazioni personali – replica – Noi abbiamo rispettato tutte le norme previste, abbiamo pubblicato il bando per più di trenta giorni, all’albo del Comune ed in quello del Parco, oltre che nel nostro sito. Una procedura normale. Abbiamo ricevuto nove domande, tra queste anche quella di un’associazione di imprese che ha perfino messo insieme l’Università di Palermo e quella di Atene. Potranno svolgere attività agricola, coltivare ad esempio mandorle oppure olio, e potranno commercializzare i prodotti”.
Il funzionario aggiunge che che lui stesso ha dato tutte le informazioni del caso al senatore. “Aveva chiesto delucidazioni – continua Liotta – pensavo di avere chiarito quando ha chiamato”.
Al contrario, i lati oscuri per Adragna sono ancora tanti. “L’avviso – prosegue – si caratterizza poi per la totale incongruenza nella scelta degli strumenti per la realizzazione degli obiettivi che vorrebbe conseguire. Invece di individuare e definire un dettagliato progetto, l’avviso sollecita la presentazione dell’attività che essi intendono svolgere e la valutazione delle possibili ricadute dell’utilizzo dei terreni sull’ambiente, sull’economia e sulla crescita culturale dell’area di influenza del Parco. Siamo di fronte a uno scandalo attuato in sordina dalla direzione”.
Secondo Liotta, invece, tutto è stato fatto in modo accurato e “i soggetti hanno anche già visitato le aree in questione insieme a me perché volevamo essere certi che fossero davvero interessati”. In ogni caso, il responsabile del bando assicura che sarà una commissione, la prossima settimana, a valutare i progetti e decidere se le proposte arrivate sono effettivamente valide. “Dopo l’esame delle pratiche – assicura – l’ammnistrazione è libera di non affidare le aree. Se al contrario riterrà valide le proposte verrà data la concessione, con le dovute clausole e la stipula di un contratto”.
Ma per il senatore Adragna, orgoglioso di ricordare di avere scritto la legge istitutiva del parco quando era deputato regionale, resta “un’iniziativa gravissima da denunciare con forza”.
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