Abramo: "Sogno una città diversa |Bianco e Pogliese inadeguati" - Live Sicilia

Abramo: “Sogno una città diversa |Bianco e Pogliese inadeguati”

Dai rapporti con il sindaco di Catania alle ragioni della candidatura, il candidato civico a tutto campo.

il candidato Abramo
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CATANIA – Per qualcuno il suo sarebbe solo un bluff. La mancanza di un partito di riferimento alle spalle, o di una coalizione, per altri rappresenterebbe un vulnus. Ma Emiliano Abramo, il referente regionale della Comunità di Sant’Egidio, ribadisce quanto già affermato in conferenza stampa, quando ha lanciato la propria candidatura a sindaco alla guida del movimento civico E’ Catania. Lo abbiamo incontrato per capire se abbia la determinazione mostrata qualche settimana fa e per comprendere meglio come intenda affrontare campagna elettorale ed eventuale guida della città. Che conosce bene, in particolare per aver collaborato con il Comune negli ultimi anni. Una vicinanza che, però, sembra essersi rotta a un certo punto.

Abramo, ce lo rivela il vero motivo della rottura con il sindaco Bianco, se di rottura si può parlare?

I miei rapporti con Bianco non sono da intendersi come “vicinanza”. Questa è una cultura catanese che io respingo. Che vuol dire essere vicino? Io sono il responsabile regionale della Comunità di Sant’Egidio che dialoga con tutte le istituzioni. Parlo con il Rettore, parlo con il Vescovo, parlo con il presidente della Regione e parlo anche con il Sindaco. i rapporti sono sempre stati corretti da entrambe le parti: io sono legato al sindaco Bianco da un rapporto istituzionale. Un rapporto sempre cordiale, che è andato oltre per iniziativa del sindaco che non solo ha mostrato sempre apprezzamento per l’operato di Sant’Egidio, ma mi ha anche chiesto più volte di entrare in Giunta. Però questo non era il mio disegno, tant’è vero che ho detto no alla proposta. Questo rapporto, cordiale e rispettoso, ha caratterizzato questo quinquennio.

Qualcuno parla di bluff in relazione alla sua candidatura, sottolineando come lei, ufficialmente, non sia appoggiato da nessuno.

Questo non è un bluff. Sicuramente non credo di essere appoggia dal sindaco Bianco, anche perché rappresento un’alternativa. Ma sono sostenuto da tantissima gente, che è il motivo per cui ho scelto di fare un passo in avanti. Tante associazioni, il mio mondo, chiedono di essere rappresentate. C’è tanta gente che non si sente rappresentata e io mi sono inserito in questo spazio. Chi parla di bluff vive nel passato. Già da tempo incontro molte persone e continuo a farlo. Sono in tanti a chiedere di aggregarsi come singoli, come associazioni, come pezzi di università, come piccole e medie imprese. Esiste poi un dialogo forte con tante forze politiche, con una destra moderata, con la sinistra come con il centro. Chi parla di bluff si difende. Perché parlare di bluff quando c’è un progetto politico in campo, che cresce? e che sta per avere una sede, in un luogo significativo, accanto alla Pretura di Catania. I luoghi rilevano anche cosa abbiamo nella testa: io voglio portare avanti un grande discorso di trasparenza e di legalità. Insomma, per essere un bluff, stiamo esagerando.

Parte della politica di destra e di sinistra, associazioni, mondo del volontariato: da questi mondi sarebbe appoggiato. Non rischia di trovarsi ostaggio dei suoi eventuali alleati?

Non abbiamo accordi, ma interlocuzioni. Mi sembra che questo progetto susciti attenzioni. Non mi sento ostaggio, anche perché per dialogare bisogna essere in due. Io mi sento sicuro della personalità che ho, non della persona fisica ma come qualità di progetto, e su questo non sono disposto a negoziare né a rinunciarvi. Se c’è volontà di dialogare andiamo avanti, ma nel rispetto dei soggetti dialoganti. C’è un campanilismo sempre più evidente a Catania, che la rende sempre meno europea. Qui l’unica cosa che si stente dire è che i giovani se ne vano: allora bisogna creare spazi per loro. Io ho fatto questo ragionamento, su di me, nel confrontarmi con tanti, e lo spazio ce lo siamo presi. E quando dico spazio intendo responsabilità. Quando la città è molto invecchiata, nei progetti e anche nei suoi interpreti, le responsabilità non vengono mai cedute, allora bisogna prendersele. Non ho avuto un’investitura, ma mi sono andato a prendere una responsabilità per la città, pensando che questa sia una cosa giusta.

Se non fosse lei il candidato sindaco, tra quelli che, al momento, sembrano i due maggiori contendenti, Bianco e Pogliese – sempre che l’eurodeputato confermi le voci insistenti sulla sua candidatura – chi sceglierebbe?

Sempre me stesso. La mia idea è sempre stata quella di provare a fare un ragionamento sulla città di Catania, conoscendone anche i limiti, su tutti la condizione di predissesto finanziario. Non è stata mia intenzione accettare la candidatura alla presidenza della Regione, non lo è stata quella alla camera. Ringrazio tutti quelli che hanno avuto attenzione per me, ma io confermo che il problema non è il posizionamento della mia modesta persona. E’ un progetto, anzi un processo che voglio avviare. Un patto generazionale e un’idea di una città responsabile. Per cui, tra Bianco e Pogliese, nel rispetto delle loro persone, scelgo un progetto alternativo e sono felice di incarnarlo.

Ha ribadito, in più occasioni, di essere un’alternativa al sindaco Bianco. Ma davvero non salva nulla di questi cinque anni?

Certo che ci sono cose da salvare. Bisogna evitare di buttare via il lavoro fatto precedentemente. Ci sono delle cose buone: l’amministrazione Bianco ha provato a fare un discorso sull’accoglienza dei migranti. Si può far meglio, ma molto è stato fatto. Così come quello di mettere Catania al centro del dibattito nazionale, con la presenza figure istituzionali anche prestigiose. La mia domanda è se siamo riusciti a costruire qualcosa di utile per la città. Su questo forse si può recuperare quanto fatto e ripartire.

E del probabile candidato del centrodestra che opinione ha?

Pogliese è persona sicuramente autorevole e avanza una candidatura altrettanto autorevole. La mia domanda però è, visto che siamo a conoscenza che c’è una pendenza giudiziaria che lo riguarda, è responsabile candidarlo con una prospettiva possibile che è quella sì di essere eletto sindaco, ma anche di ritrovarsi poco tempo dopo, in applicazione alla legge Severino, a lasciare la città senza primo cittadino? E’ responsabile? Credo che non lo sia, quindi nulla contro la persona, ma sulla responsabilità sì. C’è un problema oggettivo e, sapendolo, diventa una scelta precisa quello di correre in queste condizioni. Ed è una scelta che secondo me non è responsabile.

Una delle necessità per Catania che ha elencato in conferenza stampa è la pianificazione urbanistica, il Prg. Cosa farebbe una volta a Palazzo degli Elefanti?

C’è un’idea di fondo, non dettagliata, che è quello di aprire un dibattito, che riguardi non solo la gente comune, e provare a scattare una fotografia per tentare di capire il mutamento della città. Perché oggi si parla di piano regolatore leggendo una cartolina sbiadita dove non si legge più come è mutato il contesto, quali siano le zone residenziali, commerciali.Tutto questo ha un riflesso nel dover stendere un piano regolatore che sia attuale. Bisogna attivare un dialogo con chi fa queste cose per mestiere. Direi per istinto basta cemento, per la mia preoccupazione per l’ambiente e per l’eccessiva cementificazione della città. Ma tutto ciò va inserito in un discorso armonico e una variante. Non si può più andare per varianti, che è un modo di ragionare da villaggio e non da città d’Europa. Dove si ragiona in modo diverso, si fa un disegno della città reale e lo si fa con gli esperti. La verità che si abbiamo rinunciato a ragionare in modo adeguato e restiamo nella logica di sistemare le cose perché navighiamo a vista. Credo che questo non sia più possibile.

Abramo, mi permetta una domanda: dalla sua posizione di osservatore privilegiato, può dirci che cosa succede in Cattedrale? Come si risolve questa situazione?

E’ un riflesso di quella che è la vita nelle periferie. Non parlo solo delle difficoltà o dell’emergenza abitativa diffusa, ma del fatto che non c’è mai stato un pensiero sulle periferie in generale. E le ultime visite istituzionali, il presidente Mattarella o il presidente Gentiloni, ad esempio, hanno rivelato come queste stesse visite cadano nel silenzio in luoghi che non sanno più gioire perché non sentono proprie quelle visite. E’ qualcosa che celebra chi le accompagna ma non c’è partecipazione della gente. E tutto ciò è aggravato dalla totale incapacità di ascolto di questa amministrazione. Queste persone non sono state ascoltate prima, e si continua a non ascoltarli. Quando uno ha un problema, ed è solo, i problemi diventano due. E a quel punto si cerca compagnia. Si è andati al Comune e si sono trovati i vigili urbani a bloccare l’accesso, allora si è deciso di attraversare la strada e si è occupata la Cattedrale, dove queste famiglie hanno trovato un ascolto, quello di padre Barbaro Scionti, persona responsabile e seria, e di altre realtà che hanno accompagnato le notti fredde con coperte e latte caldo per i bambini. E questo rivela quello che può fare la città, ma rivela anche uno scollamento importante tra le istituzioni e il popolo. Io faccio parte del popolo. Gli occupanti, poi, alla richiesta di ascolto hanno ricevuto in cambio chiacchiere. Non c’è mai stata una presa in carico da parte dei servizi sociali. L’amministrazione ha fatto proposta di tirocini formativi, quando l’ultimo pagato risale a 8 anni fa, per 250 euro. Io credo che bisogna imparare a fare un discorso serio: se non ci sono risposte o se c’è imbarazzo, è meglio non dire balle. Arrivare a dire che gli occupanti della Cattedrale sono dei delinquenti non va bene. Un fatto oggettivo è che questa amministrazione è gravemente incapace di rispondere alle domande come la casa, il lavoro, l’assistenza, e non è in grado di guardare alle periferie. I poveri sono poveri, non sono delinquenti.


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