CATANIA – L’ipotesi choc è agli atti della magistratura, c’è un apposito capo d’accusa nel procedimento sugli abusi sessuali all’interno della Setta di Lavina guidata da Pietro Capuana: l’ipotesi, contestata dalla Procura, è di induzione alla prostituzione delle minorenni.
L’accusa scaturisce dalle testimonianze delle vittime che hanno raccontato che “quando si comportavano bene e, di regola, dopo aver intrattenuto con Capuana rapporti sessuali, venivano remunerate con piccole somme di denaro oscillanti tra 5 e 20 euro.
IL PRIMO VERBALE – Una delle vittime ha denunciato che quando non faceva il “turno”, cioè non si concedeva al santone Capuana, veniva “rimproverata” dallo stesso “Arcangelo” e da Fabiola Raciti, “asserendo che il Signore era a conoscenza di quanto facessero e che non c’era nulla di male perché erano atti spirituali: “Se non lo facevo mi trattava male e mi faceva rimproverare da tutte le ragazze e da Fabiola Raciti, le quali mi dicevano che il Signore era a conoscenza di quello che facevamo e che erano atti spirituali”. Proprio per questo la minorenne racconta di aver trovato il coraggio per allontanarsi dalla setta. “Io mi sentivo costretta, non ne potevo più, così a ottobre 2015 mi sono allontanata, ho iniziato da quel momento a ricevere telefonate da parte di Fabiola Raciti e delle ragazze che facevano il turno per convincermi a tornare. Mi chiamavano anche di notte, un pomeriggio, dopo pochi giorni dal mio allontanamento Fabiola si è presentata sotto casa mia per convincermi a tornare. Sono quindi rientrata in turno perché non ce la facevo a reggere tutta quella pressione”. “Dopo il turno – racconta la minore ai magistrati – Capuana mi dava dei soldi, 10/20 euro, non mi diceva perché me li dava”
IL SECONDO VERBALE – Agli atti del procedimento 12 apostoli ci sono anche i verbali della minore, di cui Livesicilia si è occupata, che ha denunciato di essere stata abusata a 11 anni e di essere stata costretta ad assumere, tra i 12 e i 13 anni, anticoncezionali e, in un caso, la pillola del giorno dopo. La minore parla delle pressioni ricevute dalle tre “donne” che attorniavano il santone. “Capuana mi condizionava – si legge nei verbali della minore – asserendo che fosse il diavolo che mi voleva portare via e questo mi dava grandi problemi perché mi metteva in crisi”. La minore cede alle pressioni quando Capuana la paragona a un camion che raccoglie spazzatura e dice alle altre ragazze: “Vedete, la spazzatura viene portata via…”. Nel meccanismo perverso e, secondo la magistratura “criminale”, alla base dei comportamenti della setta di Lavina, c’erano anche le multe: “Quando qualcuno si comportava male – racconta la minore – Capuana gli comminava una multa in denaro”. Multe anche da 1.000 euro. “Per converso – aggiunge la vittima – quando riteneva che noi ragazze ci comportavamo bene, nelle occasioni in cui stavamo con lui, ci regalava del denaro, circa 5/10 euro, che a me corrispondeva quasi sempre, dopo il rapporto sessuale, tranne quando era seccato con me”.
INTERVIENE IL GIP – Il giudice Francesca Cercone, basandosi sugli atti giudiziari, ritiene che gli abusi sessuali scaturissero non dalla promessa o dall’aspettativa del pagamento di una cifra, ma dalla “costrizione”. Cioè gli abusi sarebbero stati “svincolati dal mercimonio della prestazione”. Le minori, anche di 10, 11 e 12 anni, accettavano di subire abusi sessuali non perché subito dopo ricevevano regalie e somme di denaro, ma perché costrette o “indotte, essendo state le vittime completamente soggiogate al volere dell’indagato grazie all’attività di plagio dello stesso posta in essere con la collaborazione delle sue fidatissime collaboratrici”.
Per questo, il reato di induzione alla prostituzione non sarebbe fondato: sarebbe prevalente la costrizione nella determinazione degli abusi.