Alla fine il blocca nomine è passato. La norma, così com’è stata partorita oggi dall’Ars impedirà al governatore di effettuare nomine dalla pubblicazione del decreto di indizione delle elezioni. Insomma, Raffaele Lombardo non potrà affidare incarichi nei tre mesi successivi alle sue annunciate dimissioni. Quando il governo potrà occuparsi solo di ordinaria amministrazione, ma sarà comunque nel pieno dei suoi poteri.
Adesso, però, la “sorpresa” per il blocca nomine potrebbe essere rappresentata dall’intervento del Commissario dello Stato. Secondo l’Mpa, che insieme a Mps e Fli ha osteggiato l’approvazione prima in Commissione affari istituzionali, poi in aula utilizzando le più classiche tecniche ostruzionistiche (decine di emendamenti, interventi a raffica, frequentissime richieste di verifica del numero legale) infatti la norma è palesemente incostituzionale, perché priverebbe l’esecutivo di una delle sue prerogative.
Intanto, però, il ddl è approvato. E stabilisce il divieto a effettuare “nomine, designazioni o conferimenti di incarichi in organi di amministrazione attiva, consultiva o di controllo della Regione, in enti, aziende, consorzi, agenzie, soggetti comunque denominati, di diritto pubblico o privato sottoposti a tutela, controllo o vigilanza da parte della Regione, in società controllate o partecipate dalla Regione”.
In caso di incarichi in scadenza, si può comunque procedere ai commissariamenti “per garantire – si legge nel testo – l’attività amministrativa”. Il ddl approvato prevede anche che il prossimo presidente della Regione, entro i primi tre mesi dall’insediamento, possa revocare le nomine effettuate negli ultimi due mesi di attività del governatore.
Una norma che però potrebbe essere presto cassata, secondo i deputati lombardiani. “Ne sono quasi certo – ha detto il presidente della prima commissione Affari istituzionali Riccardo Minardo (Mpa) che ha difesa il ddl strenuamente nei giorni scorsi – il Commissario interverrà perché il testo è incostituzionale”. Dello stesso avviso è il capogruppo di Fli Livio Marrocco, secondo cui la norma è “irragionevole dal punto di vista giuridico e concepita esclusivamente per sferrare un attacco strumentale al governo Lombardo”.
Plaudono invece gli altri partiti. In effetti, a favore del blocca-nomine s’era formato un fronte trasversale che andava dal Pd al Pdl. I democratici, ad esempio, in occasione della bocciatura del ddl in prima Comissione avevano persino minacciato l’occupazione di quelle sale. Decisivo è sembrato in questo senso, quello del presidente Francesco Cascio, che ha confermato la calendarizzazione della norma questa settimana, subendo le forti critiche dello stesso Minardo: “Lei sta forzando il regolamento” aveva detto in Aula il presidente della prima commissione. E a Cascio oggi, uno dei tre coordinatori del Pdl, Dore Misuraca ha rivolto un apprezzamento per “l’equilibrio mostrato in una fase politica e parlamentare molto difficile. L’approvazione di questo disegno di legge da parte dell’Aula – ha aggiunto poi Misuraca – è un fatto politicamente importante, perché restituisce serenità al quadro politico, consentendo all’esecutivo che si insedierà dopo le elezioni di esercitare appieno le proprie funzioni di Governo”.
“Nel contesto siciliano – ribadiscono i deputati del gruppo Pdl all’Ars – è giusto che un presidente dimissionario un anno prima e un governo senza maggioranza in Parlamento non mantengano il potere di far nomine e clientele, a fini meramente elettorali. Una regola che vale per tutti e sempre”.
La norma, infine, è stata arricchita da un emendamento di Marianna Caronia, che ha previsto il divieto di ricorrere a un esterno per la carica di capo di gabinetto: “Abbiamo messo fine ad un privilegio accordato al presidente della Regione, con l’avallo dell’ex alleato Cracolici e del Pd. Adesso anche Raffaele Lombardo dovrà uniformarsi ad una norma che già prevedeva la scelta di personale interno per il ruolo di capo di gabinetto negli assessorati”.