"Finanziaria non sarà impugnata" | Ma mancano ancora 300 milioni - Live Sicilia

“Finanziaria non sarà impugnata” | Ma mancano ancora 300 milioni

Nel pomeriggio incontro tra l'assessore all'Economia Baccei e i funzionari di Palazzo Chigi e del Ministero delle Finanze. Sul tavolo la legge di stabilità regionale, a rischio impugnativa. A cominciare dai 300 milioni che lo Stato non ha ancora riconosciuto. Se non dirà di sì, "stangata" per Comuni, Province, precari, Forestali, Pip e società partecipate.

L'assessore all'Economia Baccei
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PALERMO – 20.20 Al termine dell’incontro a Roma con i funzionari di Palazzo Chigi e del Ministero dell’Economia, l’assessore regionale al bilancio Alessandro Baccei manifesta un certo ottimismo: “Credo che molte cose siano state chiarite. E che lo Stato non impugnerà la legge di stabilità dopo questa verrà corrretta dal ddl preparato ad hoc e già trasmesso a Palazzo dei Normanni”. Una delle “poste” più a rischio era quella riguardante l’utilizzo del Fondo di sviluppo e coesione per la spesa corrente. “Il ministero – spiega Baccei – ci ha sostanzialmente dato il via libera per il 2015. Ma questo sistema non potrà essere replicato nel 2016 e nel 2017. Dal prossimo bilancio bisognerà trovare nuove coperture finanziarie per il concorso alla Finanza pubblica”. Resta intatta anche la norma sulle pensioni: “Lo Stato ha dato il via libera anche alla finestra fino al 2020. Sulle nuove assunzioni, invece, è stato precisato che la quota del 10 per cento andrà calcolata non sul numero dei pre-pensionamenti, ma su quello degli effettivi pensionamenti”.

Ma il tavolo di oggi non ha sciolto l’altro nodo, quello riguardante l’accordo che dovrebbe portare al riconoscimento per la Sicilia di circa 300 milioni dovuti a imposte sul reddito di residenti in Sicilia, ma incassate a Roma. “Quello – spiega Baccei – sarà un tavolo non tecnico, ma politico. Spero venga convocato presto, per chiarire anche questo ultimo aspetto”.

Il vertice a Roma, i dubbi sul bilancio

L’appuntamento è fissato per le 16. L’assessore all’Economia Alessandro Baccei e il ragioniere generale Salvatore Sammartano incontreranno i funzionari di Palazzo Chigi e del Ministero delle Finanze per discutere della legge di stabilità regionale. Una norma approvata all’alba del primo maggio scorso, ma che, stando ai primi rilievi sollevati dalla Presidenza del consiglio dei ministri alla Regione è a rischio impugnativa. In alcune delle sue parti essenziali. Quelle su cui poggia gran parte della manovra. E gli effetti di un mancato via libera ad alcune di quelle norme rischiano di essere devastanti su tanti settori dell’Isola.

Palazzo Chigi, infatti, tra le altre, ha puntato il dito contro due articoli-chiave. Il primo è quello che prevede l’utilizzo delle somme previste nel Fondo sviluppo e coesione per coprire spesa corrente. Il secondo invece riporta una ipotesi di accordo tra Palazzo d’Orleans e Roma per il riconoscimento nell’Isola di imposte sui redditi incassate dallo Stato centrale. Ma quell’accordo è ancora da formalizzare. Non esiste, insomma, al momento alcuna “carta”. Un fatto ribadito, del resto, proprio nella nota che la Presidenza del consiglio ha recapitato al governo regionale dieci giorni fa.

Ma che l’accordo fosse solo una ipotesi, nonostante le rassicurazioni fornite dallo stesso assessore Baccei nel corso dell’esame della Finanziaria e addirittura un ‘brindisi’ del Pd siciliano dopo una sortita a Roma, era chiaro allo stesso governo regionale. Che infatti non ha dato per “scontato” in finanziaria quell’importo ma ha previsto quello che tecnicamente è definito un “accantonamento”. Una copertura finanziaria alternativa, insomma. “Anche per questo motivo – spiega oggi il ragioniere generale Sammartano – quella norma non può essere impugnata di fronte alla Corte costituzionale, perché la copertura per quelle somme le abbiamo comunque previste”.

Se l’accordo non si fa, insomma, è come se dicesse il governo Crocetta, sappiamo comunque dove prendere i soldi. Ma non è tutto così semplice. Per due motivi. Il primo è legato al fatto che anche l’utilizzo di questi capitoli di bilancio “alternativi” è stato in parte contestato dal governo centrale. E poi, fatto per nulla marginale, nel caso di mancato accordo gli effetti sarebbero pesantissimi. Quali capitoli, infatti, sarebbero “tagliati”? Quali categorie verrebbero colpite dalla mancata intesa con Roma?

La “fetta” più grossa delle somme in bilico è destinata ai Comuni. La Finanziaria prevede infatti per il 2015 un trasferimento di quasi 355 milioni di euro. Di questi, la metà andrà in fumo in caso di mancata formalizzazione di quell’accordo, col prevedibilissimo effetto di spingere vicino al default gran parte di questi enti, che vedrebbero dimezzati i trasferimenti regionali. Comuni che potrebbero essere “colpiti” anche su un altro piano, quello riguardante gli stanziamenti per i precari degli enti locali: in fumo andrebbero 90 milioni sui 246 milioni stanziati. E a proposito di enti locali, guai anche per le ex Province alle quali sono stati destinati 19 milioni per spese correnti, ma allo stesso tempo, di questi, congelati quasi sette milioni.

Ma i guai per gli enti locali non finirebbero qui. In questo “accantonamento”, infatti, è prevista anche una somma di 150 milioni di euro che la Regione recupererebbe dal “congelamento” per due anni delle rate dei mutui. Soldi che dovrebbero servire per gli “investimenti” di Comuni e Province (una parte di questi, circa 30 milioni è stata vincolata al ripristino della viabilità in Sicilia). Ma su questa voce è già intervenuto Palazzo Chigi ammonendo il governo: questa operazione non può essere utilizzata come “strumento di liberazione immediata di risorse, soprattutto se utilizzate per far fronte alla spesa corrente”.

Tra le somme “congelate”, poi, a rischio anche alcuni stanziamenti detinati a disabili (salterebbero quattro degli undici milioni stanziati), minori (a rischio 5 dei 14 milioni in finanziaria) e ciechi (618 mila euro sui complessivi 1,7 milioni previsti per la stamperia Braille). In bilico anche le “garanzie occupazionali” per i lavoratori dei Consorzi di bonifica. Nella legge di stabilità il governo ha previsto uno stanziamento di 10 milioni. Ma di questi, un terzo si libererà solo in seguito all’accordo. A rischio anche i finanziamenti pe gli oltre ventimila lavoratori a tempo determinato della Forestale (sfumerebbero quasi 50 milioni dei 136 milioni euro stanziati). Lo stesso vale per ai Pip (10 milioni su 27), ai lavoratori dell’Arpa (4 milioni su 11), a quelli dell’Eas (4 milioni su 12) e a quelli della società partecipata Servizi ausiliari Sicilia (16 milioni su 45). Infine, la somma di 62 milioni stanziati per il cofinanziamento regionale ai Progetti obiettivo del Piano sanitario nazionale, è stata accantonata interamente. E anche su questo punto si è espressa già la Presidenza del Consiglio dei ministri. Quelle somme, ha fatto sapere, sono obbligatorie, e non possono essere congelate. A prescindere dall’accordo, la Regione dovrà trovarle altrove.

Una partita politica, questa. Che sembrava già chiarita. E invece, ogni giorno che passa, emerge l’immagine di una Finanziaria costruita su soldi “eventuali”. Come quelli del Fondo di sviluppo e coesione. Fondi che per legge vanno utilizzati per gli investimenti e che la Sicilia ha impegnato per il “concorso alla Finanza pubblica”. Dai rilievi del ministero, la somma stanziata, già dubbia, potrebbe non essere nemmeno sufficiente: le risorse del Fondo sviluppo e coesione programmazione 2007-2013 assegnate alla Sicilia ammontano a poco più di 4 miliardi. Quei soldi, fa sapere il Mise, non bastano a coprire le spese previste in Finanziaria, “anche se la Regione siciliana intendesse definanziare tutti gli altri interventi già programmati dal Cipe”. Ma il problema riguardante queste somme è legato sia al presente che al futuro. Anche in occasione della recente direzione regionale del Pd, il sottosegretario Davide Faraone ha fatto intendere che “non credo ci saranno, per quest’anno, problemi a utilizzare quei fondi. Ma dall’anno prossimo non si potrà più”. Per il prossimo bilancio, nonostante la copertura prevista nell’ultimo attraverso i fondi per gli investimenti sia ovviamente triennale, la Regione dovrà trovare quei soldi, circa un miliardo, altrove. Attraverso nuovi tagli. Attraverso nuovi sacrifici. Dei siciliani, ovviamente.


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