PALERMO – Amia, buone notizie. All’inizio della prossima settimana, infatti, il ministero per lo Sviluppo economico dovrebbe finalmente trasmettere al tribunale fallimentare tutta la documentazione necessaria per permettere ai giudici di decidere su accettare o meno il concordato preventivo. Intanto, oggi, è arrivato il via libera del comitato di sorveglianza.
Qualora il tribunale dovesse dare disco verde (e per la sentenza è possibile che ci voglia ancora qualche giorno), allora la società verrebbe in qualche modo spacchettata in una Newco, guidata dal liquidatore indicato dal Comune, e in una bad company gestita dai commissari, sul modello di quanto fatto per Alitalia, che permetterebbe di pagare i creditori che comunque avranno trenta giorni di tempo per opporsi alla proposta avallata dal tribunale.
Ma se davvero i giudici dovessero salvare l’azienda, a quel punto si aprirebbero scenari del tutto nuovi. Palazzo delle Aquile sarebbe tenuto a mantenere gli annunci fatti sinora, a partire dall’adeguamento del contratto di servizio che dovrebbe essere implementato di altri nove milioni a partire dal 2013. Ma piazza Pretoria dovrebbe anche fare i conti con i sindacati, che tornerebbero sul piede di guerra per fermare le procedure di mobilità avviate dai commissari per 301 dipendenti.
“Un secondo dopo la sentenza dei giudici, qualora questa sia positiva – dice Dionisio Giordano della Cisl – il Comune deve incontrare le parti sociali perché va discusso il presente di un’azienda tornata in bonis e il futuro della stessa che passa da tre punti: il blocco delle procedure di mobilità, senza il quale non inizieremo il confronto; il rilancio dell’azienda mediante investimenti, ovvero i 59 milioni di euro di fondi Cipe che arriveranno a dicembre per la sesta vasca e l’impianto di compostaggio, oltre al terzo step della raccolta differenziata che dovrebbe partire all’inizio del 2013; l’adeguamento del contratto di servizio”.
Conti alla mano, il futuro dell’Amia passa proprio dagli investimenti. Solo con la sesta vasca, per esempio, l’azienda ricomincerebbe a incassare undici milioni di euro l’anno dai comuni del palermitano, per non parlare del milione e mezzo che risparmierebbe per non dover trasportare più l’umido nel trapanese. “Ma per far questo serve anche la lotta all’evasione fiscale – conclude Giordano – dei 122 milioni previsti per Tarsu e Tia, incassiamo appena la metà. E solo con quelli l’azienda si salverebbe”.