Amia, piovono condanne | Ma incombe la prescrizione - Live Sicilia

Amia, piovono condanne | Ma incombe la prescrizione

Galioto si autosospende dall'Udc
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Il verdetto spazza via la casse dirigente che, secondo l’accusa, ha mandato in rosso i conti dell’Amia. Una sentenza penale per una vicenda che di penale rischia di avere ben pochi risvolti. Forse nessuno. Incombe, infatti, la prescrizione. Alle 14 e 30 il presidente della terza sezione del tribunale, Vincenzina Massa, legge il dispositivo: condanna a due anni e sei mesi ciascuno per l’ex presidente, e senatore dell’Udc, Enzo Galioto e per l’ex direttore generale, Orazio Colimberti. L’accusa è falso in bilancio e false comunicazioni sociali. Per loro niente pena sospesa. Un beneficio riconosciuto a sei dei sette coimputati condannati, tra ex componenti del Cda, membri del collegio sindacale e revisori dei conti: Angelo Canzoneri (un anno), Franco Arcudi (un anno), Gaetano Mendola (8 mesi), Antonino Giuffrè (un anno e sei mesi), Giuseppe Costanza (un anno e sei mesi), Camillo Triolo (un anno e sei mesi). Unico assolto l’ex revisore dei conti Domenico Napoli. Condannata anche l’Amia Spa per la responsabilità amministrativa connessa ai reati contestati ai suoi amministratori: dovrà pagare 100 mila euro di sanzione.

Strana posizione giuridica quella dell’ex municipalizzata, costituitasi parte civile, che incassa cinquanta mila euro di provvisionale per il risarcimento di un danno che essa stessa avrebbe provocato non controllando che tutto si svolgesse in regola. Ottanta mila euro incassa, sempre come provvisionale, anche il Comune di Palermo. Sono due gli episodi di falso in bilancio contestati dal pubblico ministero Carlo Marzella per un totale di 61 milioni di euro. Risalgono al 2005 e 2006. Secondo la Procura, sarebbero stati gonfiati i bilanci dell’azienda inserendo false plusvalenze. All’apparenza i soldi derivavano da cessioni di automezzi e immobili da Amia Spa ad Amia Servizi Srl. Ed ancora risultava la cessione di alcuni contratti per “la gestione e manutenzione di impianti di termovalorizzazione e smaltimento rifiuti nelle province di Palermo, Agrigento, Caltanissetta e Trapani”. In realtà, tutto si sarebbe svolto solo sulla carta, visto che i beni sarebbero rimasti nella disponibilità di Amia spa, i cui vertici avrebbero ottenuto un ingiusto profitto dato che i loro compensi erano legati ai risultati raggiunti.

Le pene avrebbero potuto essere più pesanti. Il sindaco Diego Cammarata, rappresentante del Comune, socio unico di Amia, scelse, infatti, di non sporgere querela. E così la Procura ha potuto contestare solo l’ipotesi di falso in bilancio prevista come contravvenzione e non quella che il codice disciplina come delitto. Non solo pene più basse, ma anche tempi di prescrizione più brevi. Il falso in bilancio del 2005, infatti, si prescriverà il mese prossimo, mentre quello del 2006 a luglio 2012. C’è però un’altra inchiesta in ballo. Dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza dell’azienda da parte del Tribunale fallimentare, il pm si è messo a scavare nei conti antecedenti al 2008. E sono saltate fuori una serie di spese ingiustificate. Su tutte una missione dei vertici Amia ad Abu Dabi costata 360 mila euro di vitto e alloggio. Le spese pazze sono, però, un altro capitolo giudiziario.

Il comunicato
“I commissari straordinari di Amia, preso atto della sentenza di condanna di primo grado emessa oggi dal Tribunale di Palermo nei confronti di alcuni degli ex amministratori della società al termine del procedimento per falso in bilancio e false comunicazioni sociali nel quale l’azienda si è costituita parte civile, confermano la volontà di tutelare il patrimonio aziendale presso tutte le sedi istituzionali deputate, mediante il perseguimento di ogni azione risarcitoria nei confronti di tutte le precedenti amministrazioni. Contestualmente i commissari straordinari di Amia hanno deciso di intentare un giudizio civile per il risarcimento del danno procurato all’azienda e già accertato dall’odierna sentenza”.

Galioto: “Mi autosospendo dall’Udc”
“Nutro profondo rispetto per la decisione dei giudici della III Sezione del Tribunale di Palermo ma, allo stesso tempo, sono certo di non aver commesso i fatti che mi sono stati contestati, peraltro già in parte ridimensionati dai giudici rispetto alle richieste delle parte civili”. Lo dice il senatore dell’Udc, Enzo Galioto, dopo la condanna inflitta dal Tribunale di Palermo in relazione alla vicenda dell’Amia. “E, tuttavia, per sgombrare il campo da qualsiasi strumentalizzazione, ma anche per rispetto verso l’Udc – aggiunge – mi autosospendo da ogni incarico di partito, nell’attesa che la vicenda giudiziaria venga definitivamente chiarita”. “In questo senso – conclude – ho già dato mandato ai miei legali di proporre appello, perché sono certo della mia totale estraneità ai fatti”.


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