Anello ferroviario nella bufera| Nuovo scontro Tecnis-Comune - Live Sicilia

Anello ferroviario nella bufera| Nuovo scontro Tecnis-Comune

Rfi e Italferr escludono la rescissione del contratto e la riapertura delle strade con i cantieri.

PALERMO – L’anello ferroviario di Palermo piomba nel caos. Il nuovo corso della Tecnis targato Saverio Ruperto, ovvero l’amministratore nominato dallo Stato per guidare il colosso catanese finito nei guai con la giustizia, sembrava aver inaugurato una stagione di pace con l’amministrazione Orlando che più volte in passato ha puntato il dito contro l’azienda.

Ma al di là dei primi momenti di apparente serenità, adesso l’opera da 154 milioni di euro finisce nuovamente nella bufera. Le novità sono sostanzialmente due: da un lato il fatto che, contrariamente a quanto chiesto da Palazzo delle Aquile, non si può rescindere il contratto e riaprire le strade interessate dai cantieri (Politeama, viale Lazio e via Amari); dall’altro che la Tecnis ha recentemente avanzato riserve per 47 milioni di euro. In poche parole, il colosso imputa al Comune tutta una serie di ritardi che avrebbero provocato danni milionari.

Una doccia fredda per il Comune che ieri sera, in un vertice con Rfi e Italferr, ha incassato un duro colpo: la strategia dell’amministrazione era infatti quella di chiedere la rescissione del contratto per inadempienze, così come previsto per legge. Tanto da spingere il Professore a lanciare perfino un ultimatum sulla ripresa dei lavori. Ma, secondo una analisi dettagliata e molto tecnica, non ci sono le condizioni per farlo, come hanno spiegato ieri le Ferrovie all’inferocito vicesindaco Emilio Arcuri.

Per rescindere il contratto infatti bisogna effettuare verifiche tecniche fra la produzione e le inadempienze, ma se il contratto in questione è stato stilato prevedendo modalità poco compatibili con una città è difficile arrivare alla rottura. “La verità è che questo contratto è stato pensato come se si trattasse di una tratta ferroviaria in aperta campagna e non in una città grande come Palermo”, dicono dal Comune. Un esempio su tutti è la consegna contestuale di tutte le aree di cantiere che provocherebbe il caos del traffico. Se si prende a riferimento il contratto, si scopre che in via Amari non ci sono particolari ritardi e che i lavori finiranno nel marzo del 2017; in viale Lazio c’è un ritardo di 15 mesi, ma che è debole se si rapporta alle aree non consegnate; al Politeama il Comune non ha mai autorizzato le trivellazioni e per questo c’è il ritardo. Al porto, invece, si segnalano 8 mesi di ritardo. Troppo poco però per una rescissione, che provocherebbe sicuramente un contenzioso giudiziario che potrebbe costare fior di milioni alle casse pubbliche.

A questo punto l’unica strada percorribile è quella del dialogo con Ruperto, tanto che Arcuri ha chiesto al Prefetto la convocazione di un tavolo istituzionale. In quella sede, inoltre, si dovrà discutere delle riserve che, in alcuni casi, riguardano gli obblighi derivanti dalla normativa antimafia (previsti dal protocollo di legalità) come la tracciabilità dei flussi finanziari. “E’ paradossale che l’ amministratore giudiziario di un’azienda nelle condizioni di Tecnis ponga rilievi simili”, bisbigliano a Palazzo delle Aquile.

“La ridotta produzione e l’incremento del contenzioso per richieste di maggiori compensi – dice Arcuri che ha coordinato l’incontro protrattosi fino a tarda ora – hanno raggiunto, ormai, livelli di criticità che impongono approfondite e definitive valutazioni sulla prosecuzione dell’appalto”.

“Chiederemo con Rfi all’amministratore giudiziario – precisano Orlando e Arcuri – di impegnarsi formalmente a potenziare maestranze, mezzi e risorse per rispettare gli impegni assunti di riaprire alla viabilità l’attuale cantiere di via Amari per il prossimo marzo 2017, così come previsto dal cronoprogramma dell’opera, e di recuperare il grave ritardo maturato nell’area di viale Lazio e via Sicilia e di riprendere i lavori in area portuale. La rimodulazione, concentrando gli interventi nelle aree con scadenze definitive, è infatti l’unica modalità che consente, per singola area, di redigere cronoprogrammi certi. Ci auguriamo che l’amministratore giudiziario, che più volte ha sottolineato di rappresentare lo Stato e non gli interessi di un privato imprenditore, saprà garantire il bene comune della cittadinanza, che patisce gravissimi disagi e pregiudizi economici, in un quadro di incertezza non più sopportabile”.

La speranza, al Comune, è che Ruperto arrivi a più miti consigli e che si possa riprendere il dialogo evitando una lenta agonia al cantiere e alla città. “Si tratta pur sempre di un rappresentante dello Stato, non di un imprenditore privato”, dice un orlandiano a taccuini chiusi. Il cantieri ha ormai spento le candeline e lo spettro di arrivare in campagna elettorale con una Palermo sventrata è più concreto che mai.

 


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