Antimafia, tra troppo e niente |serve la via della saggezza

Antimafia, tra troppo e niente |serve la via della saggezza

La manifestazione deserta per Di Matteo e la folla per Cuffaro.

Il commento
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Interessante l’impietoso raffronto compiuto dai media, con relative immagini esplicative, tra due fatti contestualmente accaduti a Palermo. Da un lato la sala stracolma del Ranchibile in occasione della presentazione di un libro di Totò Cuffaro, dall’altro, a pochi passi di distanza, il desolante sit-in di sostegno al pm Nino Di Matteo divenuto oggetto di alcune dichiarazioni provocatorie di Vittorio Sgarbi a lui indirizzate. La cronaca dello scontro con Sgarbi la conosciamo, andiamo oltre. E oltre, intanto, non vi è alcuna notizia. Tutti gli incontri dell’ex presidente della Regione Siciliana, condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia e rivelazione del segreto istruttorio (pena scontata), registrano regolarmente il pieno; allo stesso modo già da tempo le iniziative “antimafia” di piazza vedono una scarsissima partecipazione della gente. Del resto, ormai è d’obbligo se vuoi apparire uno accorto sganciarsi dall’antimafia in genere perché, lo sappiamo, dietro di essa si nasconde o si può nascondere quella “di facciata”, quella usata, per capirci, da sedicenti immacolati esponenti della cosiddetta “società civile” in seguito rivelatisi amici e complici di boss mafiosi. Alla fine, si spara nel mucchio e si colpisce inevitabilmente anche l’antimafia sincera nata in vaste proporzioni, non dimentichiamolo, dopo le stragi del ’92 quando imperavano indifferenza e sotterranee o evidenti connivenze con la criminalità organizzata. La cosa quasi comica, segno di grandi capacità di adattamento – rectius, trasformiste – è che a criticare o a snobbare l’antimafia nelle piazze siano molti di coloro che sulla presenza nelle prime file ai cortei di solidarietà ai magistrati hanno costruito carriere politiche e non, lasciando ora soli i cittadini normali che di carriera politica non ne hanno fatta e che credono con animo autentico nell’impegno antimafia. Si sa, quando un vestito passa di moda e non serve più a farti fare bella figura sul red carpet (il tappeto rosso delle star del cinema) lo si lascia ai poveri con qualche espressione di compatimento per l’ostinato attaccamento a forme desuete di protesta e indignazione. C’è anche chi mostra particolare fretta nel volere archiviare la “pratica mafia”, tanto Provenzano e Riina sono morti, tanto i killer non sparano più, tanto, grazie a Dio, non ci sono stragi. Epperò, le ultime operazioni di polizia e carabinieri che hanno portato a numerosi arresti e alla scoperta di nuove dinamiche in importanti “mandamenti” mafiosi palermitani, sul racket e sul pizzo, ancora radicati nel tessuto economico, offrono uno scenario decisamente differente. Altro che mafia indebolita, decapitata, al punto da non destare particolare allarme. Ci sono inequivocabili tentativi di ripristinare la struttura a “cupola” di Cosa Nostra o comunque di individuare un capo, indipendentemente dalla volontà di riaccendere una guerra allo Stato che probabilmente – mai abbassare la guardia! – non verrà replicata dai vecchi capi e dai nuovi capetti per gli eccessivi rischi ad essa connessi. Al contempo, dobbiamo pure ammettere che non possiamo dividere le due sproporzionate platee del Ranchibile e del sit-in pro Di Matteo in cattivi (i primi) e buoni (i secondi), non sarebbe conducente. La riflessione, invece, è ben diversa e non poggia né sulla folla cuffariana né sul pugno di cittadini al freddo alla Statua. La domanda, sintesi di molteplici interrogativi a cui i lettori potrebbero rispondere, è: c’è davvero qualcuno che pensa che abbiamo gettato il peggio alle nostre spalle? Mafia e collusioni mafiose sono state estirpate dalla politica, dalle istituzioni, dall’economia? Si è diffusa l’antimafia dei cittadini comuni, cioè la testimonianza quotidiana di chi nell’oscurità lotta per l’affermazione della legalità nei propri ambienti di lavoro, da rendere oggi inutili marce e fiaccolate di sensibilizzazione? E’ giunto davvero il momento di smetterla con le manifestazioni, a cominciare dai raduni all’Albero Falcone il 23 maggio e in via D’Amelio il 19 luglio di ogni anno, oppure servono ancora? Credo che occorra trovare una via saggia che ci consenta di mantenere attente e sveglie le coscienze, soprattutto nelle giovani generazioni, senza oscillare fra troppa antimafia, dentro cui si camuffa l’antimafia fasulla, e niente antimafia, dentro cui ha sempre prosperato la mafia vera.


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