PALERMO – I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria si sono presentati giovedì all’assessorato regionale alle Infrastrutture di via Leonardo da Vinci, a Palermo. Avevano in mano una delega di indagini firmata dal pubblico ministero Roberto Tartaglia. Un’inchiesta della Procura di Palermo apre uno squarcio sugli appalti assegnati con trattativa privata.
Si parte dai lavori eseguiti in due porti nel Catanese – Riposto e Acitrezza – ma le indagini rischiano di allargarsi a macchia d’olio. Sono, infatti, oltre settecento gli appalti assegnati in giro per la Sicilia, a partire dal 2006, con le cosiddette procedure ristrette. Niente pubblicazione del bando – on line o in Gazzetta ufficiale – ma un invito indirizzato ad un numero ristretto, appunto, di imprese. Il tutto in nome dell’urgenza dei lavori da eseguire. Un tema che fu sollevato prima dal mensile S e poi da Livesicilia. Quando in ballo ci sono problemi di pubblica incolumità o esigenze improrogabili di garantire un servizio ai cittadini anche le gare per importi superiori ai 150 mila euro posso essere assegnate senza un’asta pubblica. In alcuni casi il tetto dei 150 mila euro è stato superato di parecchio, fino a raggiungere importi per milioni di euro.
Così è accaduto a Riposto. La gara bandita dalla Regione è servita per il prolungamento della banchina. Nel 2004 ad aggiudicarsi i lavori per 3 milioni e 155 mila euro era stata un’associazione temporanea di imprese composta da Ira Costruzioni generali (capogruppo) e Silva srl. Il ribasso era stato del 25,94%. Due anni dopo la stessa Regione rescindeva il contratto per gravi inadempienze da parte delle imprese aggiudicatarie. Uno stop improvviso.
Poi, la nuova gara nel 2009. Con due differenze sostanziali: niente più bando pubblico ma una trattativa privata e addio a ribassi di un tempo. I nuovi, infatti, si fermavano al 7 per cento. Per completare l’opera servivano ancora poco più di due milioni. I prezzi furono aggiornati nonostante la legge prevedesse che l’affidamento dovesse avvenire “alle medesime condizioni economiche già proposte in sede di offerta”. La Regione invitò quattordici imprese alla trattativa privata. Tra queste c’erano anche la Silgeo e il Consorzio stabile infrastrutture. La prima è nata dalle ceneri della Silva srl, mentre il Consorzio ha acquistato la Ira srl, compresi gli appalti ottenuti dall’impresa. Seppure indirettamente la Regione, di fatto, ha finito per invitare alla trattativa privata anche le due ditte a cui l’appalto era stato tolto nel 2004 per inadempienze contrattuali. Del porto di Riposto si è anche parlato nel contesto delle indagini sul Gruppo Maltauro – di cui il Consorzio stabile infrastrutture fa parte – avviate per una serie di grandi appalti aggiudicati in giro per l’Italia.
A segnalare il caso Riposto in Procura, con tutti i dubbi finora descritti, fu il Dipartimento regionale tecnico dell’assessorato alle Infrastrutture. Che nella stessa nota trasmessa ai pm nel febbraio scorso accendeva i riflettori pure sui lavori di Acitrezza, sostenendo che delle undici imprese invitate alla trattativa privata, otto non possedevano i requisiti di partecipazione. Delle tre rimaste, ad una non sarebbe arrivato l’invito a partecipare e una seconda fu esclusa. Alla fine ne rimase in ballo soltanto una. La gara, però, fu revocata in autotutela e l’aggiudicazione annullata.
Lo scorso 27 gennaio l’allora dirigente generale del Dipartimento tecnico, Vincenzo Sansone, diede il via ad una serie di accertamenti utili “ad evidenziare le possibili collusioni di rami dell’amministrazione per orientare le assegnazioni di lavori, servizi e forniture. Ciò allo scopo di tentare di arginare il ricorrente interesse privato camuffato dall’interesse pubblico, assai spesso marginale, che spesso è causa di inefficacia per la collettività siciliana di interi programmi di finanziamento regionale”.
Sappiamo che un mese dopo il Dipartimento girò una nota alla Procura della Repubblica. Giovedì i finanzieri del Nucleo tutela spesa pubblica si sono presentati in assessorato e sono andati via con una serie di documenti.