“Rinunciare a proteggere qui i ragazzi, trasferirli da Palermo, è una cosa che non va bene. Abbiamo perso tutti”.
Pino Apprendi, garante dei detenuti di Palermo, si trova a interpretare una parte scomoda, in calce alla storia terribile dello stupro di Palermo, quella dei diritti sempre e comunque. Ecco la sua opinione sul trasferimento degli accusati.
Si tratta di una misura di sicurezza indicata come opportuna, rispetto a potenziali pericoli, no?
“Di fatto abbiamo detto che non potevamo proteggerli qui. Una affermazione che non accetto, dal punto di vista del principio. Oltretutto, credo che quei ragazzi, purtroppo, siano a rischio ovunque, per il tipo di mentalità che c’è in carcere”.
La sua riflessione la pone in controtendenza con un materiale impressionante di auspici terribili sui social. Lo sa, vero?
“Certo che lo so. Ma viviamo in un contesto in cui esistono le leggi, i giudici e le forze dell’ordine. Dovremmo ricordarcelo. Nessuno può augurarsi una vendetta per mano di altri detenuti, alcuni dei quali colpevoli di reati altrettanto gravi. Dal punto di vista pratico aggiungo questo: al Pagliarelli secondo me ci sono gli spazi giusti e un personale di prima qualità, molto competente e sensibile”.
La rabbia è un sentimento comprensibile?
“Sì, ma poi dovremmo riflettere sulla circostanza che un orrendo crimine del genere non può sorprenderci. Accade ed è accaduto ma non siamo riusciti a mettere insieme una politica di contrasto, sul piano culturale e sociale. Ed è ingeneroso dare addosso all’amministrazione del sindaco Lagalla che, certamente, non ho votato. La deriva arriva da lontano”.
Ha letto l’invettiva di Emma Dante sull’evirazione?
“Sì”.
Che ne pensa?
“Da una persona di così alto profilo mi sarei aspettato un’altra riflessione. Ovvero, una analisi approfondita sul ruolo che hanno esercitato, sui giovani, le istituzioni culturali”.