Armi e droga in un cunicolo| Giallo allo Zen di Palermo - Live Sicilia

Armi e droga in un cunicolo| Giallo allo Zen di Palermo

Il 30 agosto la polizia sequestra un piccolo arsenale e una piantagione di erba nel popolare quartiere palermitano. Due persone finiscono in cella. Ora sono stati scarcerati. Di chi sono allora pistole e munizioni trovate nel ventre dello Zen?

PALERMO – Le armi c’erano e c’era pure la droga. Non c’è certezza alcuna, però, che appartenessero ai due indagati. Vincenzo Minniti e Domenico Finocchio tornano in libertà lasciando irrisolto l’interrogativo principale: chi ha nascosto pistole e munizioni nel cunicolo sotto uno dei padiglioni dello Zen? Chi ha trasformato un anfratto in una piantagione di marijuana?

È una vicenda tutta da chiarire quella scoperta dai poliziotti il 30 agosto scorso. Qualche giorno prima una lettera recapitata al commissariato San Lorenzo. L’anonimo scrive di pareti da abbattere per scovare la droga. Bisogna fare presto, aggiunge, perché la raccolta è prevista per fine mese. Viene indicato il nome di chi coltiva l’erba e chi avrà il compito di spacciarla. Gli agenti piombano al civico 11 di via Fausto Coppi. Perquisiscono quattro abitazioni. Esito negativo. Finocchio, però, ha un mazzo di chiavi. Una apre un magazzino nella sua disponibilità, dove vengono scoperte le armi e le munizioni. Un piccolo arsenale composto da una pistola a tamburo calibro 38 Smith& Swesson, una calibro 357 Dan Wesson Arms, un fucile a canne mozze calibro 12, una penna pistola, 12 proiettili calibro 7,65, un proiettile calibro 9×21, novanta proiettili calibro 38 special camiciati, 7 cartucce per fucile calibro 12. Le armi hanno quasi tutte la matricola abrasa.

Dentro il garage vi è parcheggiata la macchina di Minniti. E c’è una porta da cui si accede a un cunicolo lungo duecento metri che sposta le indagini fisicamente sotto terra, nel ventre del popolare quartiere palermitano. Il cunicolo conduce ad altri anfratti. In uno di essi i poliziotti trovano 84 piante piante di cannabis che, una volta essiccata, avrebbe fruttato oltre cento mila euro.

Minniti e Finocchio finiscono in cella. Continuano a ripetere che il garage lo utilizzano solo per parcheggiare le macchine. Nulla sanno di armi e droga. Gli indagati, tramite l’avvocato Giuseppe La Barbera, fanno ricorso al Tribunale del Riesame. Che dà loro ragione spiegando che, in sostanza, non c’è la prova che le armi fossero custodite nella parte del garage a loro in uso. “La descrizione del punto in cui sono state trovare le armi – scrivono i giudici – sembra adattarsi maggiormente al vano tecnico più che al box”. Una conclusione a cui il Riesame è giunto analizzando la perizia della difesa accompagnata da una serie di scatti fotografici.

Ancora più pesanti sono i dubbi relativi al coinvolgimento di Minniti e Finocchio nella coltivazione della droga, individuata in un locale protetto da un cancello – fu necessario l’intervento dei vigili del fuoco per segare le grate – a cui è possibile accedere da altri punti del padiglione.

L’unica accusa che ha retto al vaglio del Riesame è quella sull’allacciamento abusivo alla rete elettrica. I due indagati, in sostanza, avrebbero rubato la luce. Non si tratta, però, di un’ipotesi di reato che possa giustificare la misura cautelare in carcere. Minniti e Fionocchio, che per altro sono incensurati, sono stati così rimessi in libertà. Di chi è allora l’arsenale scoperto in uno dei tanti cunicoli del labirinto che si snoda sotto i padiglioni dello Zen?


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