AGRIGENTO – I carabinieri di Agrigento hanno posto ai domiciliari su ordine del gip di Palermo, Anna Messina, 36 anni, di Porto Empedocle, sorella dell’ex capo provinciale di Cosa nostra di Agrigento Gerlandino, accusata di concorso esterno alla mafia. Destinatario di un provvedimento cautelare anche lo stesso boss, che è accusato di associazione mafiosa. Messina è accusata di aver mantenuto i contatti fra il fratello, quando era latitante, e i proprietari di alcuni esercizi commerciali vittime di estorsione. Il gip ha rigettato la richiesta di arresto fatta dalla Dda palermitana per tre imprenditori ritenuti vicini ai fratelli Messina.
L’inchiesta che ha portato all’arresto di Anna Messina nasce dal ritrovamento di alcuni “pizzini” nel covo di via Stati Uniti a Favara dove il boss Gerlandino venne arrestato il 23 ottobre 2010, dopo un decennio di latitanza. In particolare, secondo l’accusa, in uno dei biglietti sequestrati, Messina avrebbe scritto alla sorella Anna e a due imprenditori indicando le modalità di riscossione di somme di denaro.
Anna Messina è accusata “di avere concretamente contribuito, pur senza farne parte, al rafforzamento e alla realizzazione degli scopi dell’organizzazione di Cosa nostra ed in particolare delle articolazioni territoriali nella zona di Porto Empedocle, nonché d’aver consapevolmente agito da intermediaria tra il fratello Gerlandino, all’epoca dei fatti latitante, ed altre persone, non ancora identificate, con i quali il fratello manteneva contatti”. Ad entrambi è stata contestata l’aggravante “di avere ottenuto il controllo di attività economiche finanziarie con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti”.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata notificata a Gerlandino Messina, 42 anni, nel carcere di Tolmezzo (Ud) dove si trova recluso in regime di 41 bis. Le misure sono state emesse dal Gip del tribunale di Palermo, Guglielmo Nicastro, su richiesta dei sostituti procuratori, Rita Fulantelli ed Emanuele Ravaglioli, della Procura distrettuale antimafia. Messina è considerato – dopo l’arresto di Giuseppe Falsone e fino alla sua cattura – il rappresentante provinciale di cosa nostra in Agrigento nonché il capo della famiglia mafiosa di Porto Empedocle (Ag). Nella misura notificatagli stamani viene ritenuto responsabile “di aver gestito l’estorsione nei confronti di imprese ed esercizi commerciali e di avere acquisito in modo diretto ed indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche legate ad opere pubbliche in corso di realizzazione tra le quali i lavori di realizzazione del rigassificatore di Porto Empedocle e i lavori di adeguamento di un tratto della statale 640, la Agrigento-Caltanissetta”.