PALERMO – La sera del 31 maggio scorso il maresciallo Silvio Mirarchi veniva ucciso a colpi di pistola. A sparare sarebbe stato Nicolò Girgenti, un vivaista che fece fuoco per “difendere” la sua piantagione di marijuana a Marsala. Ora Girgenti è stato raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala su richiesta della Procura della Repubblica. In cella è finito anche Fabrizio Messina Denaro, 50enne, pregiudicato di Castelvetrano. Dalle indagini emerge un particolare sconcertante. Mirarchi era stato ammazzato e qualcuno si preoccupò del danno subito perché la piantagione era stata scoperta.
I due sono accusati di produzione e traffico di sostanze stupefacenti. Le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Trapani hanno, infatti, permesso di accertare che i due avevano allestito la piantagione di marjuana a pochi passi dal luogo in cui fu ferito a morte Mirarchi.
Sarebbe stato Messina Denaro a proporre l’affare a Girgenti. Lo conosceva da tempo perché dal grossista comprava le piante che poi vendeva nel suo chiosco davanti al cimitero di Castelvetrano. E così Messina Denaro avrebbe chiesto a Girgenti di mettere a disposizione la serra per coltivare la marijuana. Gli era stato promesso un acconto e una grossa somma di denaro a raccolto ultimato. Visto che i soldi non arrivavano, però, Girgenti la sera dell’omicidio stava asportando le piante dalla serra.
È stato Francesco D’Arrigo, già fermato in precedenza, ad ammettere di avere avviato la coltivazione d’intesa con alcuni uomini di Partinico: “Avevo detto di fare fagioli alla persona che mi ha ceduto le serre ma di fatto poiché mi trovavo in difficoltà economiche ho coltivato piante di cannabis. I semi per piantarle li ho acquistato a Palermo a Ballarò su una bancarella”. D’Arrigo si era accollato ogni responsabilità. Dichiarò infatti di avere gestito da solo la piantagione di contrada Ventrischi. Dichiarazioni che sono apparse inverosimili.
Quando i carabinieri interrogarono Girgenti ammise il suo coinvolgimento nell’affare della droga. Gli erano stati promessi 4 mila euro di acconto e 50 mila euro a saldo, ma alla fine ne incassò solo duemila. E fu sempre Girgenti a tirare in ballo Messina Denaro nel corso di un interrogatorio: “Nel mese di dicembre viene presso le mie serre una persona di Castelvetrano che io chiamo Elio, mi ha proposto di dare le serre a dei suoi amici perché volevano piantarci la marijunana”. Fabrizio Messina Denaro, da tutti conosciuto con il nome di Elio, gestiva un chiosco al cimitero. Nella sua fedina penale ci sono precedenti per traffico di droga, tentato omicidio, associazione a delinquere, estorsione. Nel corso delle indagini sarebbe emerso anche il coinvolgimento di Francesco Lo Iacono, genero di D’Arrigo che avrebbe cercato di farsi restituire l’acconto di duemila euro pagato a Girgenti facendo pressioni su alcuni parenti del detenuto.