CATANIA. Ultima settimana di una campagna elettorale senza sussulti. A Catania siamo ormai agli sgoccioli prima del responso delle urne. A Livesicilicatania, il candidato di centrosinistra, Enzo Bianco, spiega senza troppi giri di parole: “I candidati a sindaco siamo due”. Ecco l’intervista.
Che campagna elettorale è stata sinora? I toni bassi sono sembrati in verità essere sinonimo di programmi vuoti.
“Io credo che sinora sia stata una campagna elettorale entusiasmante ma anche difficile perché c’è un sentimento diffuso dell’opinione pubblica contro la politica; ci sono cittadini che non hanno voglia di andare a votare o che hanno votato disperatamente alle ultime elezioni persino per il Movimento 5 Stelle. Ma anche entusiasmante perché ho potuto vedere due cose contemporaneamente presenti: una città in ginocchio, una città veramente in ginocchio, da tutti i punti di vista, dal lavoro, al disordine. Ma dall’altra una Catania in cui convivono energie allo stato diffuso sotto la cenere: centinaia di gruppi, di associazioni che hanno voglia di riscattare questa città”.
Ma Lei, se tornasse a fare il sindaco, da cosa partirebbe? Qual è la priorità dalla quale ripartire?
“Il primo senza alcun dubbio: il lavoro. Assieme allo sviluppo. Perché se non partono lavoro e sviluppo non riparte nulla: nemmeno le casse del Comune”.
Già. Ma un sindaco come può intervenire sulla questione del lavoro: si tratta di una questione oggettivamente sovracomunale.
“Ci sono due modi per fare il sindaco: c’è chi pensa che il sindaco è il capo dell’amministrazione comunale e quindi si occupa di ciò che è strettamente di competenza del sindaco. E c’è chi pensa che il sindaco sia il leader di una comunità e tutto ciò che capita a Catania sta sul suo tavolo e deve battere i pugni sul tavolo per fare cambiare la città”.
Portiamo qualche esempio.
“E’ immaginabile che vi siano tre cantieri fermi da alcuni anni per realizzare la Metropolitana a Catania? Tutti fermi ed il sindaco non se ne occupa? Il primo atto che farò sarà quello di firmare un Patto per il lavoro e lo sviluppo della città di Catania. Chi investe a Catania deve avere una corsia preferenziale. Un tappeto rosso e non un pugno nella faccia sentendosi dire: “Torni tra qualche mese”. Dico anche che l’ingegnere Pistorio mi ha dato la disponibilità piena a guidare gratuitamente una grande Agenzia per trarre investimenti nella nostra città: e creare nuovi investimenti significa creare nuove occasioni di sviluppo”.
Dalle nostre parti, però, siamo abituati a coniugare lavoro pubblico con clientelismo. Lei ha intenzione di distinguersi da questo meccanismo?
“Guardi, in questi giorni ho incontrato i lavoratori dell’Amt e mi hanno ricordato che loro sono stati assunti quando ero sindaco io, direttamente dall’Ufficio provinciale del lavoro e mi hanno ricordato che nessuno gli ha mai chiesto un solo voto ed oggi sarebbero felici di guidare un autobus che circolasse più rapidamente e che potesse soddisfare la domanda forte e di mobilità che la città oggi vede clamorosamente insoddisfatta. Un dato soltanto: oggi escono a Catania dall’officina non più di ottanta mezzi al giorno: quelli che sono stati destinati alla Brt sono stati sottratti alla linea ordinaria. Una vergogna”.
Per garantire i servizi occorrono però i soldi: Stato e Regione hanno tagliato tutto. Lei come spererebbe di farcela?
“Che ci sia una condizione di disagio in tutti i Comuni d’Italia, è vero: ed io non sono né ottuso, né fazioso. Il Comune di Catania come tutti gli altri Comuni paga la riduzione dei trasferimenti che il governo Berlusconi ha tagliato nel giro di quattro anni e mezzo. Poi c’è stato il taglio in Sicilia fatto dal governo Lombardo tanto per dire le cose con nome e cognome. Ma il problema drammatico del Comune di Catania è che ha perso abitanti: 140 mila in meno negli ultimi 18 anni e, quindi, i trasferimenti dello Stato che sono dati dal numero degli abitanti, si sono ridotti. Ma al contrario, i servizi che il Comune deve erogare, deve erogarli per tutti i catanesi che abitano a Battiati, Mascalucia o Gravina che ogni giorno scendono a Catania. Il secondo aspetto è quello che le entrate proprie il Comune di Catania non riesce ad incassarli. Sono meno della metà i catanesi che effettivamente pagano le tasse: sarebbe come dire che “pagano i fessi”. Il Comune è, tra tutti i capoluogo di provincia d’Italia, quello che incassa di meno”.
E perché incassa di meno?
“Le faccio un esempio. Il settore delle affissioni e delle pubblicità: oggi incassa meno di un decimo di quello che si incassava nel 1999, ovvero, quando ero sindaco io. A quel tempo si incassava dieci volte di più. Ed è un paradosso visto che oggi, quella delle affissioni è una giungla caratterizzata da un forte abusivismo. Ci vuole efficienza: non si risolve il problema del conti del Comune di Catania iscrivendo crediti che non sono esigibili. Ce lo ha detto anche la Corte dei Conti”.
La sera del 10 giugno, Lei cosa si attende?
“Io ho una palla di vetro che mi ha regalato Maurizio Costanzo: non so come finirà. Ma sento che da parte dei catanesi c’è un ragionamento: i candidati sindaco sono due. Intendo, quelli veri. Non ce ne sono altri. Il candidato vero è il sindaco uscente Stancanelli e lo sfidante, anche se qualcuno chiama anche me “uscente” come se fossi ancora il sindaco, e cioè io. Gli altri candidati sono uno sfizio. Un divertimento. Allora, se i catanesi sono soddisfatti di come vanno le cose in questa città, se la ritengono pulita, ordinata, civile, produttiva, accogliente, hanno la possibilità di votare Stancanelli e di avere la città così come l’hanno avuta in questi cinque anni. Se, invece, ritengono che la condizione della città sia di profondo disagio, di una città umiliata e ferita, dove nelle periferie c’è di nuovo il buio, hanno la possibilità di voltare pagina. La mia sindacatura, qualche anno fa, ha dimostrato che le cose a Catania si possono fare. Io non ho risolto tutti i problemi di Catania, lo so perfettamente, ma ho certamente dato il segnale che le cose si possono fare. Possiamo riprendere qual cammino proiettandolo sul futuro”.