Attacchi di panico: perché insorgono e come affrontarli

Attacchi di panico: perché insorgono e come affrontarli

Un disturbo che riguarda sempre più soggetti
IL PARERE DELLA PSICOLOGA
di
6 min di lettura

Gli Attacchi di Panico sono oggi un disturbo che riguarda sempre più soggetti e che, se non affrontato per tempo ed in maniera adeguata, rischia di divenire “invalidante” in quanto compromette in maniera significativa il normale svolgimento della vita quotidiana di chi ne è affetto.

Ansia Vs Panico: differenze “qualitative”

La convinzione maggiormente diffusa è che il Panico insorga come “escalation di uno stato di ansia”: questa visione mette l’accento su una questione “quantitativa”, facendo riferimento ad un aumento di intensità di uno stato di ansia-paura.

In realtà tra Ansia e Panico vi è una differenza di “tipo qualitativo” in quanto entrano in gioco dei fattori, soprattutto cognitivi, di tipo differente:

-mentre l’Ansia ha infatti una “funzione anticipatoria” rispetto ad un pericolo e prepara l’individuo alla possibile minaccia, manifestandosi come preoccupazione-apprensione,

-il Panico è uno stato emotivo che dispone alla gestione di un'”emergenza in atto”; la minaccia è già presente ed il Panico è lo stato emotivo che accompagna la gestione dell’ emergenza.

Come insorge il Panico: l’anxiety sensitivity

Volendo andare ancora di più nello specifico, studi scientifici sembrano evidenziare come l’Attacco di Panico sia provocato da un’“errata interpretazione” di alcune sensazioni soprattutto corporee che vengono percepite in maniera distorta (abnorme, esagerata), ed “interpretate erroneamente come segnali di una catastrofe imminente”.

Tutto ciò provoca forte preoccupazione ed ansia che accentuano lo stato d’allarme ed intensificano le sensazioni corporee, fino a sfociare in un Attacco di Panico.

L’anxiety sensitivity indica dunque questa distorta interpretazione di alcune sensazioni (ad esempio palpitazioni, capogiri, sudorazioni, brividi, dovute ad eventi stressanti, situazioni agorafobiche, troppo caldo, condizioni climatiche umide…) che le considera “prodromi di un’emergenza”, provocando un innalzamento dei livelli di arousal ed innescando così l’attacco di Panico.

Questo avviene in quei soggetti più vulnerabili e maggiormente predisposti, in cui certi meccanismi che dovrebbero essere strumentali a scopi protettivi e di sicurezza, inducono invece dei processi meta-valutativi non corretti delle sensazioni provate, contribuendo cosí a fare insorgere il Panico.

I sintomi dell’attacco di panico

I sintomi dell’Attacco di Panico sono molto intensi, tanto da rimanere fortemente impressi nei soggetti che li sperimentano ed alimentare il terrore che possano ripresentarsi.

È una triste verità nota a tutti quelli che l’hanno provato che “Il primo Attacco di Panico non si corda mai!”

Essi coinvolgono sia la “sfera somatica” che quella “cognitivo-psichica”:

i più noti sono tachicardia e dispnea a carico dell’apparato cardiocircolatorio, nausea e dolori addominali a livello gastrointestinale, vertigini, instabilità e sensazione di svenimento derivanti dal coinvolgimento del sistema vestibolare ed, infine, tutta una serie di sintomi psico-sensoriali tra cui senso di disorientamento, sensazione di vuoto, derealizzazione, depersonalizzazione, finanche paura di impazzire e/o di morire.

Ecco perché chi ha provato gli Attacchi di Panico li descrive come un’esperienza terribile che lascia esausti e stremati e, soprattutto, con la paura che un nuovo attacco possa ripetersi, tanto da far diventare così “schiavi” di un disturbo che, se non trattato in maniera adeguata, può rendere davvero la vita impossibile!

La “paura della paura”: un circolo vizioso che blocca

La paura che un nuovo attacco possa arrivare porta il soggetto a mettere in atto delle strategie che, sebbene sembrino le uniche soluzioni per poter andare avanti in certe condizioni, di fatto auto-alimentano il disturbo stesso e limitano in maniera molto significativa la vita di tutti i giorni: si tratta della strategia dell’Evitamento e della strategia dell’Accompagnamento.

L’Evitamento

L’Evitamento consiste nel cercare, appunto, di “evitare” le situazioni in cui si teme che si possa ripresentare un Attacco di Panico: situazioni quindi uguali o simili a quelle in cui è già avvenuto oppure, se è presente l’“agorafobia” (ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto: ad es., concerti, file in autostrada, mezzi pubblici, ascensori…), tutti quei luoghi pubblici, affollati o con vie di fuga non facilmente raggiungibili.

È chiaro come in questi casi la vita “si restringa” in maniera molto rilevante per via di tutte le “limitazioni” appena descritte, e le strategie di Evitamento, andando ad incidere pesantemente sulla qualità di vita, rappresentano un costo personale e sociale molto elevato da dover sostenere se non si interviene per fare qualcosa!

L’Accompagnamento 

L’Accompagnamento è l’altra strategia, purtroppo anch’essa disfunzionale nonostante sembri rappresentare un’altra soluzione possibile per poter gestire il circolo vizioso della paura, che consiste nel non andare più da soli da nessuna parte, sempre per paura che il Panico possa ripresentarsi da un momento all’altro e cogliere il soggetto “da solo” a fare i conti con tutti i sintomi tipici prima descritti.

Il primo accompagnatore per eccellenza è la madre, seguita da fidanzati/compagni che si adattano, di conseguenza, non lasciando il soggetto mai da solo ed accompagnandolo ovunque.

Purtroppo però, se gli accompagnatori si prestano a tutto ciò per amore e soprattutto credendo di poter essere utili e soprattutto di aiuto per il proprio caro in difficoltà, il messaggio che implicitamente viene trasmesso è il seguente: “è un problema troppo grande, non lo puoi affrontare da solo!”. 

Ecco perché diventa importante poter fare un lavoro anche con gli accompagnatori, proprio per evitare la squalifica -non intenzionale- che essi rivolgono di fatto al soggetto affetto da Attacchi di Panico, sostenuta dall’evidenza di non essere in grado di gestire da solo le varie situazioni.

Senso di Impotenza e depressione secondaria

Oltre alla sintomatologia, ciò che addolora e genera grande frustrazione nel soggetto che soffre di Attacchi di Panico è il forte senso di “impotenza” (il sentire di non poter far nulla, di non avere alcun controllo) di fronte ad una sintomatologia che irrompe improvvisamente senza alcun preavviso, lascia esausti per via della sua intensità, intrappola nel paralizzante circolo vizioso della paura e, soprattutto, fa diventare dipendenti dagli altri.

In virtù di tutto ciò non è infrequente che si generino stati di depressione secondaria che, se non riconosciuti ed affrontati per tempo possono cronicizzarsi e dar luogo ad un vero e proprio disturbo depressivo.

Come affrontare il Panico

La vita di chi soffre di Attacchi di Panico si impoverisce così di esperienze ed occasioni e, a lungo andare, proprio queste forti limitazioni spingono a “chiedere aiuto”, perché ci si rende conto che si sta pagando un prezzo molto alto!

Il primo e piú immediato obiettivo appare quello di “ridurre la sintomatologia”:

ecco perché, nella maggior parte dei casi, si dimostra utile e necessaria una terapia farmacologica avente proprio questo scopo, parallelamente ad una terapia psicologica di tipo cognitivo-comportamentale che agisca anch’essa sui sintomi come obiettivo prioritario, fornendo delle strategie pratiche che riducano la sintomatologia e restituiscano al soggetto maggiore potere e controllo della sua condizione.

Il soggetto si ritrova cosí a svolgere un ruolo attivo nella soluzione del proprio problema e, grazie al supporto dello psicologo, si concentra sull’apprendimento di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali alla gestione degli attacchi di panico; ciò nell’intento di spezzare i circoli viziosi del disturbo.

Una psicoterapia più profonda è comunque suggerita in quanto risulta molto utile a ricostruire il “senso soggettivo” degli attacchi di panico, sottolineando che il “significato” delle varie manifestazioni sintomatologiche è sempre “individuale”, ed è da ricercare nella storia di vita di ogni persona…

Grazie al lavoro profondo sugli elementi storici che hanno reso vulnerabile “quel” determinato soggetto (in quanto le variabili che possono influenzare la vita emotiva ed il comportamento di una persona sono innumerevoli, ed è difficile giungere a conclusioni che si adattino indistintamente ad ogni individuo), ci si ritroverá ad abbandonare  gradualmente i cosiddetti “comportamenti protettivi” che si è scoperto offrire una sicurezza solo illusoria, e a recuperare la libertà di muoversi in autonomia, grazie ad un sempre maggiore senso di padronanza delle varie situazioni che fino a poco prima generavano indubbiamente panico.

[La dott.ssa Pamela Cantarella è una Psicologa Clinica iscritta all’Ordine Regione Sicilia (n.11259-A), in formazione presso Scuola di Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale]


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI